AGGIORNAMENTO MERCATI: Cina, il bello e cattivo tempo
Quello che da tutti gli analisti finanziari è ritenuto il mercato con i fondamentali più solidi e promettenti, sta vivendo in questi giorni una vera e propria bufera. Il crollo dei listini cinesi, che ha subito un’accelerazione in questi giorni notevole, vede oggi un affondo dai suoi massimi di febbraio di oltre il 25% (FTSE CHINA A50).
Una fuga di capitali dai colossi internazionali made in China che fa seguito al pugno duro del regime nei confronti dei numerosi tentativi di emancipazione economica e ideale di un'importante frangia dell'imprenditoria cinese.
Particolarmente colpiti nelle ultime 2 sessioni sono stati i titoli legati al settore dell’istruzione. In buona sostanza Pechino vieterà l'insegnamento delle materie scolastiche di base a scopo di lucro imponendo alle istituzioni scolastiche di registrarsi come enti no-profit, impedendo la concessione di nuove licenze. Tali società non potranno più beneficiare di investimenti dall’estero.
Svuotate di ogni appetibilità economica, colossi internazionali dell’istruzione come New Oriental Education & Technology Group, Koolearn Technology Holding, China Maple Leaf Educational Systemps, TAL education hanno subito crolli epocali e a questo punto direi strutturali, venendo a mancare per il loro futuro la componente principale del loro business. Il commento degli analisti finanziari lascia trapelare un certo sconforto. C’è chi sottolinea quanto questi provvedimenti siano arrivati in modo del tutto inatteso (Amber Capital Ltd), chi sostiene che i titoli legati al settore dell’istruzione non siano più investibili e chi addirittura si aspetta l’inizio di un inasprimento dove le mani e il controllo politico si sia negli ultimi anni affievolito (Castor Pang di Core Pacific Yamichi).
Resta ora da capire quali mosse ha ancora in serbo il regime. La situazione oggi si presenta come quella di un Paese che ha aperto le porte ai capitali esteri ma che non garantisce serenità agli investitori, che detta regole a proprio piacimento e come fine ultimo ha quello di mantenere una concorrenza controllata e assoggettata alle regole di Pechino. Regole che valgono per tutti gli investitori, sia esteri che locali. E lo sanno bene Jack Ma e compagni che ormai intuiscono quali e quante siano le difficoltà ad effettuare investimenti nel loro Paese. Tutto il settore Tech cinese ha avuto negli ultimi 5 mesi una flessione senza precedenti. L’Hang Seng Tech oggi quota 6790. Aveva toccato i massimi il 17 febbraio quotando 10950. La contrazione della galassia tecnologica cinese è superiore al 40% e le ragioni sono tutte politiche.
Che ci si dovesse attendere una crescita dell’economia del Dragone guidata e controllata dal Governo è probabilmente sempre stato scontato dal mercato. Immaginarsi un territorio per gli investitori esteri di facile conquista sarebbe stato del tutto anacronistico. Ciò che però comincia a spiazzare i principali operatori di mercato sono le misure straordinarie che vengono spesso messe in atto capaci di stravolgere interi settori e cancellare anni di investimenti in pochi minuti.
Il mercato al servizio della politica, tipico dei regimi totalitari, rischia di uscire dai radar degli investitori se non gli si concede un po’ più di prevedibilità e garanzia. D’altro canto la storia del regime cinese e dello stesso Xi Jinping è quella dei Taizi, i “principi rossi”, i figli dei vittoriosi combattenti della Lunga Marcia del 1949. Il progresso, patrocinato con forza dal Governo stesso, ha sempre e solo lo scopo di rendere grande il Paese. E sebbene la cultura cinese sia sensibile al denaro e alla crescita economica, questi ultimi restano sempre subordinati ad un bene superiore: quello di un popolo cinese forte e unito.
Da qui oltranzismo e ingerenze pubbliche si stanno rivelando sempre più all’ordine del giorno.
Prima la tecnologia, il fintech, ora l’istruzione, domani chissà