AGGIORNAMENTO MERCATI: l’ago della bilancia è l’inflazione USA

http://laltrafinanza.blogspot.it/2016/03/aggiornamento-mercati-lago-della.html

Ben ritrovati. Abbiamo volutamente atteso i 2 interventi delle Banche Centrali più influenti del sistema per dare maggior completezza alle nostre considerazioni.
Entrambe le manovre hanno quasi interamente risposto alle nostre aspettative, forse Draghi ha dato maggiori stimoli espansivi di quelli attesi, ma era comunque necessario dare un segnale più convincente e profondo della linea che dovrà intraprendere nell’immediato futuro la BCE. Il rischio deflattivo e la sfiducia della sostenibilità dei debiti di istituti e Paesi dell’area Euro non può sfuggire di mano.
Se da un lato infatti Draghi ha dato fondo a sostanziose manovre espansive al fine di garantire stabilità dei prezzi e provare ad alimentare quella tanto agognata inflazione che manca all’appello da tempi ormai memorabili, dall’altra parte dell’oceano la Yellen, vista la delicatezza di un apprezzamento del dollaro in un fragile quadro economico internazionale, ha per l’ennesima volta preso tempo, rinunciando ad un rialzo dei tassi a supporto di una crescita dei prezzi che si sta già verificando in modo piuttosto evidente. La frenata dell’inflazione nel mese di febbraio ha sicuramente contribuito a convincere Yellen e compagni a sospendere le manovre restrittive. È effettivamente risultato in contrazione in febbraio l'indice generale dei prezzi al consumo, che su base congiunturale è arretrato dello 0,2%, dopo il dato invariato di gennaio. Su base tendenziale l'incremento è stato dell'1,0% dopo il +1,4% di gennaio. Ad una più attenta lettura però l'indice dei prezzi al consumo, escluse le componenti più volatili, ovvero cibo ed energia, è salito dello 0,3% congiunturale in febbraio, lo stesso incremento del mese precedente. Le attese erano per un +0,2%. A sostenere l'inflazione è stato il rialzo degli affitti, che hanno registrato un incremento dello 0,3%, pari a quello di gennaio. Un contributo è arrivato anche dall'aumento dei prezzi delle prestazioni mediche di uno 0.5%. Su base tendenziale l'indice 'core inflation' segna +2,3% su attese per un +2,2%, dopo il 2,2% di gennaio, segnando l'incremento più consistente dal maggio 2012.
Perché una digressione così lunga su questo dato? Perché è proprio da una considerazione di crescita dei prezzi che l’inevitabile aumento dei tassi prenderà corpo, così come un conseguente apprezzamento del dollaro.
Considerato inoltre che i sussidi di disoccupazione sono in diminuzione così come il tasso di disoccupazione, congiuntamente ad un progressivo aumento dei salari, non sarà così inverosimile aspettarci un’ulteriore crescita dei prezzi nei mesi che seguiranno.
Immaginarci pertanto politiche accomodanti della Fed nel corso del 2016 a nostro avviso dovrebbe essere poco verosimile. Cosa accade ad altri mercati e delle problematiche evidenziate da economie contratte e altamente indebitate (Europa periferica, Cina, Brasile, ecc) abbiamo seri dubbi che possano “intenerire” le scelte di politica monetaria statunitense, le quali hanno finalmente, seppur a fatica, creato i presupposti per uscire dalla trappola della liquidità in cui rischiavano di cadere gli Stati Uniti dopo la prolungata agonia dei tassi a 0.
Un aspetto economico a cui siamo sinceramente poco abituati e che potrebbe sconvolgere abbastanza bilanci societari e portafogli privati è rappresentato proprio dal rialzo dei tassi. Intanto come questo avvenga pensiamo possa rappresentare uno dei capitoli più delicati della recente storia di politica monetaria. Il rischio di generare un fuggi fuggi generale dal comparto dei Bond è estremamente alto. Le considerazioni di fondo sono comunque che, se a questo aspetto si aggiunge l’instabilità di colossi di mining e intermediazione delle materie prime e la criticità di diversi istituti bancari, il mondo dei corporate bond con alte probabilità non se la passerà molto bene a partire dagli ultimi 2 quarter dell’anno.
In sintesi porre molta attenzione a quest’asset class stretta tra la morsa rischio emittente – rischio duration sarà paradossalmente più doveroso rispetto ai più consueti timori generati dal mercato dell’equity. A nostro avviso se da un lato è lecito aspettarsi una discesa di entrambe le asset class (come già in atto da metà 2015), l’equity, soprattutto di settori sani, avrà probabilmente maggiori margini di risalita, mentre il mondo del debito potrebbe rimanere sotto pressione più a lungo. Questo è ovviamente solo uno degli scenari ipotizzabili, ma a nostro avviso uno dei più probabili.
L’altro aspetto che scaturisce da tale politica restrittiva della Fed, come già accennato prima, è l’apprezzamento del dollaro. Le sue conseguenze sul sistema economico globale creano più timori ancora. Intanto internamente penalizzano la marginalità sull’export delle principali società americane con riflessi sicuramente importanti sul mercato azionario Usa, ma generano problemi ancor più pesanti a tutti coloro (Paesi e società emergenti in particolar misura) che hanno contratto debiti vs USDollar, nonché tenere ulteriormente sotto pressione tutto il mondo delle già barcollanti materie prime.
Non è la prima volta che affermiamo il progressivo addentrarsi verso un cambiamento di rotta di mercati e politiche monetarie. Il nostro intento ancora una volta è di cercare di dare un quadro il più comprensibile possibile, spiegando i vari passaggi di un probabile scenario economico futuro. Concludendo sempre in modo diretto su come comportarsi nei portafogli non ci sono grosse novità rispetto i consueti consigli: tanta liquidità e azioni value – large cap specialmente USA (possibilmente dentro dei fondi flessibili). In aggiunta non guasta accumulare posizioni short sui principali indici azionari.




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