AGGIORNAMENTO MERCATI: il sottile equilibrio
La nostra testimonianza ha atteso ancora una volta il pronunciarsi delle due principali Banche Centrali, seppur fosse abbastanza evidente che nulla di nuovo sarebbe stato posto in essere dai due istituti.
Come già evidenziato in passato, è ben noto soprattutto alla Fed l’importanza del rialzo dei tassi. Sebbene le scelte della Yellen di questi ultimi mesi possano mettere in dubbio tale convinzione, il reale obiettivo per la stabilità dei mercati e del sistema finanziario americano è e resta quello di una progressiva restituzione di valore temporale al denaro, che in concreto significa alzare gradualmente i tassi. Non è peraltro l’esempio del Giappone a scardinare tale necessità. Se analizziamo infatti i successi dell’economia del Sol Levante a seguito di politiche ultraespansive della Bank of Japan non potremmo che rimanerne abbastanza delusi; un debito/Pil poco sotto al 250%, una crescita ridotta al lumicino (0,4%), consumi interni privati in netta contrazione. Insomma una stagnazione economica che unita alla trappola della liquidità in cui si è infilata dalla fine degli anni novanta (i tassi in Giappone sono a 0 da un’eternità) non lasciano ben sperare per il futuro, e indubbiamente possono insegnare qualcosa…
Ma anziché occuparci dei problemi aihmè ben noti dell’economia nipponica (che tra l’altro, in scia al dato deludente dell’inflazione di -0,2%, ha chiuso la seduta borsistica odierna con un -3,61%) andremo oggi ad esaminare le recenti (non) scelte della Banca Centrale Americana e provare a giustificare i recenti movimenti dei mercati finanziari.
Nonostante, come già accennato in un precedente nostro contributo (AGGIORNAMENTO MERCATI: l’ago della bilancia è l’inflazione USA), gli Usa stiano producendo inflazione, e, a rigor di logica, debbano mettere in atto politiche restrittive, è più che mai evidente che il sistema si regga su un sottile equilibrio che in caso di apprezzamento del dollaro verrebbe messo a dura prova. Perciò come spesso ci hanno insegnato le Banche Centrali negli ultimi anni, occorre intervenire per salvare il sistema finanziario fortemente indebitato verso società o ancor peggio verso Paesi che vivono di beni che il sistema stesso non riesce più ad assorbire e consumare come un tempo. E così ci tocca assistere a materie prime che salgono inspiegabilmente anche di fronte a dati sulle scorte sui massimi dal 1929 ad oggi - ieri il dato settimanale sulle scorte Usa di barili di greggio ammontava a 540.6Ml - o ancor più eclatante è la violenta impennata dei prezzi del petrolio a seguito del fallimento dell’accordo dell' OPEC di ridurre la produzione o almeno di non aumentarla. Un evidente paradosso.
Lo scollamento pertanto tra effetti legati all’economia reale e movimenti puramente finanziari (alimentati sempre dalle solite banche centrali e da un assenza di coordinamento di politiche economiche da parte dei governi dei principali Stati) continua ad ampliarsi. Non stiamo né assistendo ad un impegno in tal senso né ad una risposta coerente dei mercati alle difficoltà sulla sostenibilità di molto debito accumulato su alcuni settori (finanziario e energetico su tutti ovviamente).
E’ un equilibrio sottile quello che si sta verificando in questi periodi che può solo essere alimentato da artifizi finanziari come il sostegno delle materie prime, il mantenimento di un dollaro non troppo forte e una liquidità sempre in abbondanza immessa dagli istituti centrali. Tutto questo però è una evidente forzatura alla coerenza e alle più elementari regole del mercato per cui i debiti debbono essere onorati o quantomeno risultare sostenibili e proattivi a crescita e produttività.
Ribadiamo quindi cautela sui portafogli. Cavalcare movimenti puramente finanziari può essere a tratti fruttifero ed emozionante, ma le successive normalizzazioni potrebbero essere alquanto dolorose. L’importante a nostro avviso è tentare di dare a tutto un senso, portando l’attenzione sempre meno ai rendimenti, ma alla qualità degli emittenti presenti nei portafogli.
Ma anziché occuparci dei problemi aihmè ben noti dell’economia nipponica (che tra l’altro, in scia al dato deludente dell’inflazione di -0,2%, ha chiuso la seduta borsistica odierna con un -3,61%) andremo oggi ad esaminare le recenti (non) scelte della Banca Centrale Americana e provare a giustificare i recenti movimenti dei mercati finanziari.
Nonostante, come già accennato in un precedente nostro contributo (AGGIORNAMENTO MERCATI: l’ago della bilancia è l’inflazione USA), gli Usa stiano producendo inflazione, e, a rigor di logica, debbano mettere in atto politiche restrittive, è più che mai evidente che il sistema si regga su un sottile equilibrio che in caso di apprezzamento del dollaro verrebbe messo a dura prova. Perciò come spesso ci hanno insegnato le Banche Centrali negli ultimi anni, occorre intervenire per salvare il sistema finanziario fortemente indebitato verso società o ancor peggio verso Paesi che vivono di beni che il sistema stesso non riesce più ad assorbire e consumare come un tempo. E così ci tocca assistere a materie prime che salgono inspiegabilmente anche di fronte a dati sulle scorte sui massimi dal 1929 ad oggi - ieri il dato settimanale sulle scorte Usa di barili di greggio ammontava a 540.6Ml - o ancor più eclatante è la violenta impennata dei prezzi del petrolio a seguito del fallimento dell’accordo dell' OPEC di ridurre la produzione o almeno di non aumentarla. Un evidente paradosso.
Lo scollamento pertanto tra effetti legati all’economia reale e movimenti puramente finanziari (alimentati sempre dalle solite banche centrali e da un assenza di coordinamento di politiche economiche da parte dei governi dei principali Stati) continua ad ampliarsi. Non stiamo né assistendo ad un impegno in tal senso né ad una risposta coerente dei mercati alle difficoltà sulla sostenibilità di molto debito accumulato su alcuni settori (finanziario e energetico su tutti ovviamente).
E’ un equilibrio sottile quello che si sta verificando in questi periodi che può solo essere alimentato da artifizi finanziari come il sostegno delle materie prime, il mantenimento di un dollaro non troppo forte e una liquidità sempre in abbondanza immessa dagli istituti centrali. Tutto questo però è una evidente forzatura alla coerenza e alle più elementari regole del mercato per cui i debiti debbono essere onorati o quantomeno risultare sostenibili e proattivi a crescita e produttività.
Ribadiamo quindi cautela sui portafogli. Cavalcare movimenti puramente finanziari può essere a tratti fruttifero ed emozionante, ma le successive normalizzazioni potrebbero essere alquanto dolorose. L’importante a nostro avviso è tentare di dare a tutto un senso, portando l’attenzione sempre meno ai rendimenti, ma alla qualità degli emittenti presenti nei portafogli.