AGGIORNAMENTO MERCATI: riflessioni post voto USA

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Non essendo mai stata questa la sede per un commento politico, tralasceremo considerazioni di ogni genere che non siano di carattere macroeconomico o utili a suggerire un corretto asset allocation dei propri risparmi. Ciò detto ci preme comunque rilevare come l’insoddisfazione delle classe media anglosassone (prima inglese e poi americana) abbia dato seguito a una reazione, che come tale produrrà effetti rivoluzionari rispetto al fenomeno della globalizzazione.
La nuova classe dirigente anglosassone infatti sarà obbligata non a rinnegare progresso e libero scambio tra i Paesi, ma a mettere in atto politiche economiche e fiscali che salvaguardino principalmente redditi e lavoro della classe media, l’unica vera perdente nell’ultimo ventennio.
Questa considerazione porta immediatamente l’attenzione al fenomeno dell’inflazione.
Come già dibattuto in un precedente articolo, esso rappresenta il vero ago della bilancia e ed il responsabile dei bruschi movimenti che si sono verificati in questi giorni sui prezzi delle obbligazioni governative (e corporate) di medio-lungo periodo. Mentre ovviamente i giornali si sono concentrati sul futuro muro tra USA e Messico, i corsi del Treasury decennale americano mettevano a segno un -6% in sole 3 sedute. L’impennata dei rendimenti ha toccato tutti i principali Paesi Occidentali con una violenza da farci ipotizzare con un certo grado di confidenza che si sia arrivati (finalmente) al giro di boa (si vedano i grafici sui rendimenti del decennale americano e tedesco).
Tale reazione è indubbiamente imputabile alle attese di una politica fiscale che dovrebbe portare in America ad investimenti verso le aziende e a spingere per l’appunto in alto l’inflazione interna, tracciando così un solco sempre più profondo che conduca all’innalzamento dei tassi, spazzando così via ogni sorta di teatrino o timida resistenza da parte della Fed.
Il dato inflattivo Usa a oggi non è banale…siamo infatti intorno al 2.3% per quanto riguarda la core inflation e con buone probabilità questo dato dovrebbe essere rivisto al rialzo.
Aspettarsi pertanto 2 o 3 rialzi da qui a fine 2017 dei tassi americani non è così inverosimile!
Le implicazioni che ne derivano sono molteplici:
  • Dollaro forte
  • Debito emergente a rischio (visto che le valute locali perderanno sicuramente terreno rispetto al dollaro)
  • Bilanci di società fortemente indebitate sotto pressione
  • Settori ciclici ed energetici ancora sotto pressione
  • Settori finanziari in lenta ripresa se in possesso di buoni requisiti di solvibilità
  • Materie prime nel breve ancora sotto pressione
Questi sono solo alcuni degli aspetti macro “in divenire”, ma indubbiamente, come vi abbiamo già anticipato in vari articoli precedenti, il dollaro forte e il rialzo dei tassi rappresentano il vero driver dei prossimi mesi che contribuirà a mettere pressione ad un mercato anestetizzato fino a ieri dalle Banche Centrali.
Con i portafogli impostati secondo nostre indicazioni precedenti comincereste a sorridere dopo le ultime sedute, ma se volessimo aggiungere altre strategie, sarebbe probabilmente opportuno incrementare la presenza di dollaro e della sterlina inglese, che sta vivendo in questi giorni un rimbalzo importante a fronte di dichiarazioni di politiche economiche volte a rafforzare investimenti sull’economia interna.
In tutto questo ci preoccupa la posizione invece dell’Europa, sia politicamente che finanziariamente. Il focus di questa settimana punta il dito sulle insidie derivanti dalle prossime votazioni politiche di alcuni Stati membri.




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