AGGIORNAMENTO MERCATI: bilancio dello "sforzo" monetario delle banche centrali
Che il sistema sia stato sommerso dalla liquidità delle Banche Centrali è risaputo. Che tale sconvolgimento abbia prima salvato il sistema bancario/creditizio e successivamente generato effetti espansivi sui prezzi dell’equity è fenomeno anch’esso all’evidenza di tutti. Ciò che resta un’incognita è se il ciclo dei mercati è maturo e se i prezzi incorporano veramente una crescita reale e solida.
Intanto è bene tener presente che il territorio su cui si avventurano i mercati in questi anni è più che mai inesplorato. Mai come nell’ultimo decennio la base monetaria globale è stata sconvolta da un simile sforzo congiunto delle Banche Centrali. Gli effetti distorsivi sui prezzi da un lato sono inevitabili dall’altro si rende sempre più difficoltoso la loro interpretazione “realistica”. Fatta questa doverosa premessa che ci riconduce sempre a non sottovalutare gli imprevisti geopolitici che, per effetto della presenza dominante nel sistema di strumenti derivati, creano sempre vuoti d’aria profondi in poche sedute, resta a nostro avviso “semplicistico” paragonare quest’ultimo ciclo di rialzo dei mercati a quelli passati. La durata del ciclo espansivo dell’equity subisce l’influenza di variabili nuove o quanto meno “rafforzate” quali leva finanziaria e politiche espansive appunto delle Banche Centrali. Che tali effetti possano dilatare i tempi e le durata del ciclo è più che verosimile…
Il punto è la speranza che il respiro dato al sistema da Fed, BCE, BOJ, ecc. si traduca in crescita reale. Ecco perché il dato dell’inflazione (quella CORE, depurata dal Crude oil…) ha la sua importanza vitale.
Se da un lato gli USA cominciano a respirarne l’aria, in Europa, in tutta onestà, permangono non poche perplessità. Crescita e inflazione sono ancora un po’ stitiche di fronte all’ingigantimento del bilancio della BCE.
Non stupisce quindi il tergiversare di Draghi, ancora un po’ a corto di buone notizie dal quadro economico.
Per dare un senso a questa esposizione e tradurla in segnali operativi partiremmo dall’analizzare i recenti dati delle trimestrali dei corporate a stelle e strisce.
Le scorse settimane si sono chiuse con saldi positivi sospinti dalla favorevole combinazione dell’andamento delle variabili macroeconomiche. L’inizio della stagione dei risultati nel corso degli ultimi giorni ha, come da attese, spostato nuovamente il focus sugli aspetti aziendali. Anche il copione generale non si è allontanato da quello solito di queste fasi: numeri a raffica, difficoltà di metabolizzazione e interpretazione, molta volatilità intraday. In una intonazione nel complesso che è rimasta positiva si è quindi innestata qualche “complicazione” legata appunto ai risultati che ha avuto l’effetto di raffreddare in parte l’entusiasmo sulla nostra borsa.
In ogni caso la crescita dei profitti è solida. Per l’intero 2018 l’incremento degli utili per azione (EPS) dovrebbe attestarsi al 16%, circa la metà di tale incremento frutto dei benefici derivanti dalla riforma fiscale attuata a fine dicembre. Per il primo trimestre è probabile una crescita degli utili che sia in grado di raggiungere il 20%, il tasso di crescita più veloce dalla fine del 2010. Anche i ricavi dovrebbero aumentare: +7%, uno dei più forti ritmi di incremento negli ultimi sei anni.
Le valutazioni azionarie statunitensi sono diventate più attraenti grazie alla combinazione di prospettive di utili in deciso rialzo e indici di mercato piatti. In particolare il rapporto prezzo / utili (p/e) dell’indice S&P 500 basato sugli EPS dei prossimi 12 mesi si attesta adesso a 16,4, il livello più basso degli ultimi 18 mesi e ben al di sotto dei 18,3 che segnava all’inizio dell’anno.
In secondo luogo i due maggiori settori di Wall Street, la tecnologia e la finanza: dovrebbero riuscire a segnare incrementi superiori al 20%. La maggior parte della crescita del settore hi tech riflette la tendenza di intenzioni di investimenti aziendali molto positive, anche grazie ai driver secolari come il cloud e la pubblicità online. I finanziari, che costituiscono uno dei principali beneficiari della riforma fiscale, avranno il sostegno di tassi di interesse più elevati e un ulteriore miglioramento della crescita economica. Restano questi per noi i settori più “promettenti” per l’anno in corso, da accumulare su eventuali storni del mercato.

