AGGIORNAMENTO MERCATI: tanti lo dicono, uno lo fa

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Ci troviamo ormai nell’epicentro del terremoto obbligazionario. Due sono gli elementi scatenanti: il primo è l’effetto emittente, il secondo il rialzo dei tassi. Quando queste due componenti viaggiano a braccetto il cocktail può diventare esplosivo.
Non ci stupisce quindi che i risultati dei portafogli da inizio anno siano diffusamente negativi.
La fetta obbligazionaria, che a livello retail costituisce mediamente almeno il 60% dei portafogli, ha zavorrato pesantemente le performance complessive dei risparmi privati nel 2018, qualora anche tali asset fossero stati ben diversificati in origine.
A tal proposito è interessante notare la metamorfosi degli asset di quello che è il principale fondo sovrano al mondo: il Fondo Norvegese.
Vent’anni fa infatti, come è facile immaginare tale fondo era interamente composto da obbligazioni. Vista la natura del fondo, ovviamente non speculativa ma con funzioni di alimentazione dei servizi sociale quali pensioni e servizi alla comunità norvegese, c’era da aspettarselo. Cosa invece è cambiato in questi ultimi anni è la percezione che da quella storica asset class non si potesse chiedere più nulla e che si fosse giunti al punto in cui i soldi dei contribuenti andassero investiti in strumenti di sicura prospettiva, consci di un maggior impatto rispetto al passato della volatilità, ma su cui poter fare affidamento in termini di crescita potenziale del capitale investito. Attualmente tale Fondo ha quasi il 70% di azioni e partecipazioni societarie al proprio interno. Sul Sole 24 Ore del 5 Ottobre compare un’intervista a Yngve Slyngstad, CEO del Norge Bank Investment Management, che rassicura la tenuta nei loro asset dei nostri BTP purché non si subisca un downgrade che ci faccia piombare sotto l'investment grade, requisito minimo per stare dentro il fondo (e non solo quel fondo!)

Articolo "Il Sole 24 Ore" - 05/10/2018

Tornando alla descrizione degli elementi impattanti sui prezzi dei bond, l’effetto emittente è quello sicuramente più grave, perché prevede infatti uno sconto di insolvibilità attribuito dal mercato sull’emittente dei titoli, ed è il principale responsabile dei crolli obbligazionari (e valutari) di Paesi emergenti (Turchia, Argentina, Venezuela, Brasile, Grecia…) ai quali è doveroso aggiungere l’Italia. In tal caso infatti ci si imbatte nei timori degli operatori sulla capacità di rimborsare a scadenza il valore nominale. La violenza con cui si verificano i ribassi è altresì sospinta dagli effetti amplificativi delle posizioni ribassiste che offrono gli strumenti derivati. Il nostro Btp, per fare un esempio concreto non ha visto in questi giorni movimenti “fisici” per così dire sul titolo stesso, quanto strategie speculative in derivati che ne hanno fortemente compromesso le quotazioni.
Per quanto la situazione politica italiana stia rubando come al solito la scena ad eventi di una portata decisamente più rilevante dal punto di vista macroeconomico, in questi giorni si è verificato ciò che da mesi/anni si stava profilando sul mercato dei bond americani: l’effetto rialzo dei tassi anche sui prezzi a medio lungo di Treasury e US corporate bond.
Powell è intenzionato a tirar dritto sulla strada dei rialzi e ovviamente si stanno innescando politiche di revisione salariale al rialzo, dando sempre più per scontato che crescita e inflazione non siano movimenti estemporanei, ma naturale conseguenza di una crescita evidente e convincente.
Quindi il ventennale bond party è finito a nostro avviso definitivamente.
Graficamente è anche evidente l’uscita del trentennale americano dal canale ribassista dei rendimenti con una certa veemenza.



Fonte JCI Capital



Il messaggio in più, che deriva anche dalla battuta di arresto della globalizzazione, è che in fase di ritiro di liquidità dovuto alle politiche di normalizzazione monetaria della Fed, ogni paese sviluppato o emergente che sia, dovrà contare sulle proprie risorse.
E questo vale anche per le società. Chi più ha leva finanziaria in bilancio (insomma che ha ricorso maggiormente al capitale di debito) vedrà comprimersi gli utili, nella migliore delle ipotesi…
Occhio perciò ad una rotazione di portafoglio nei propri asset anche per quanto concerne la parte equity, che in ogni caso dovrebbe continuare ad essere quella con maggiori prospettive ancora in futuro. Forse ci siamo... il mercato ricomincerà a fare il mercato dando merito sicuramente a chi ha fatto le scelte giuste, ma anche a chi non ha abusato del leverage finanziario.



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