AGGIORNAMENTO MERCATI: timori momentanei o duraturi?
Con una certa enfasi che genera perplessità e paure per il futuro si sta verificando uno storno “chiamato” per la verità da molti operatori già dal 2015.
Il cocktail che vede vari ingredienti indigesti tra cui tensioni USA CINA di carattere commerciale, politiche restrittive della Fed in atto, indebitamento sempre meno sostenibile nei Paesi emergenti e in ultimo disarmonia politica europea, pare sia giunto nella pancia del mercato. Che i mercati si siano gonfiati troppo la pancia prima è un segnale evidente; se ad ogni notizia negativa i prezzi di ogni asset class decrescono pesantemente e a quelle positive su dati relativi a produzione e occupazione (specie del mercato USA) non si intravedono rimbalzi, il significato è uno solo, e cioè il ritorno alla realtà.
Dove ci conduce questo scenario nel breve? La risposta sembra scontata. La probabilità di un rimbalzo vigoroso è sfumata dopo la reazione al G20. La distensione dovuta ad una tregua sui dazi ha lasciato subito spazio ad ulteriori discese legato spesso a vendite di Hedge fund “costretti” in alcuni casi a liquidare posizioni insostenibili dal alato dei margini che hanno contribuito ad accelerare i ribassi delle ultime sedute. Pertanto la componente leva finanziaria e i timori di un’inversione della curva dei rendimenti breve-lungo termine, segnale premonitorio di sfiducia e recessione spingono i sell-off di un mercato sempre più interconnesso non solo geograficamente ma anche tra le varie asset class che lo compongono.
Per la verità le ultime due sedute hanno interrotto la caduta libera dell’ultimo mese, lasciando spazio ad un timido ottimismo sulla chiusura dell’anno.
E’ interessante monitorare l’aumento del VIX (l’indice della volatilità) che è collegato storicamente all’appiattimento della suddetta curva dei rendimenti come evidenziato dal grafico sottostante. La via pertanto di ulteriori turbolenze nel breve appare segnata.
Dove ci conduce questo scenario nel breve? La risposta sembra scontata. La probabilità di un rimbalzo vigoroso è sfumata dopo la reazione al G20. La distensione dovuta ad una tregua sui dazi ha lasciato subito spazio ad ulteriori discese legato spesso a vendite di Hedge fund “costretti” in alcuni casi a liquidare posizioni insostenibili dal alato dei margini che hanno contribuito ad accelerare i ribassi delle ultime sedute. Pertanto la componente leva finanziaria e i timori di un’inversione della curva dei rendimenti breve-lungo termine, segnale premonitorio di sfiducia e recessione spingono i sell-off di un mercato sempre più interconnesso non solo geograficamente ma anche tra le varie asset class che lo compongono.
Per la verità le ultime due sedute hanno interrotto la caduta libera dell’ultimo mese, lasciando spazio ad un timido ottimismo sulla chiusura dell’anno.
E’ interessante monitorare l’aumento del VIX (l’indice della volatilità) che è collegato storicamente all’appiattimento della suddetta curva dei rendimenti come evidenziato dal grafico sottostante. La via pertanto di ulteriori turbolenze nel breve appare segnata.
Il punto di vista delle principali case di investimento è che ci si trovi ad un livello maturo del ciclo economico ma non per questo alle soglie di una recessione economica. Anzi i dati della crescita globale nel complesso, sebbene vadano probabilmente ridimensionati strada facendo, dovrebbero viaggiare, a seconda dei Paesi, in condizioni di maggior equilibrio e stabilità. Assottigliandosi lo strato di liquidità che addolciva ogni reazione dei listini a qualsiasi evento economico-politico, con ogni probabilità il 2019 sarà, certamente volatile, ma meno impietoso di questo che volge al termine. La selezione di alcune asset class o particolarmente penalizzate o appartenenti a settori solidi e con buoni fondamentali potrebbero risuscitare interesse negli investitori
Analizzando oltre la situazione contingente, a nostro avviso, le considerazioni più meritevoli di nota da tener presente per trovarsi pronti ad affrontare la crisi finanziaria che ne potrebbe scaturire devono emergere chiare e soprattutto comporre gli asset dei nostri portafogli senza tentennamenti.
Chi infatti ha scelto qualità e mercati pronti al cambiamento ha indubbiamente patito negli anni bui della crisi bancaria, ma ha anche goduto di consistenti rialzi negli anni successivi se ha saputo mantenere asset in portafoglio attendendo i frutti fiducioso.
Geograficamente parlando si potrebbero confrontare mercato americano ed europeo per notare il divario che si amplifica negli ultimi 6 anni. Società tecnologiche statunitensi crescono di numero occupando più del 25% dell’S&P500 mentre solo il 5% di titoli tech rientra nell’Stoxx 600 europeo. Questo si riflette nel gap di crescita tra i due indici come ben risulta dal seguente grafico.
Se nel breve si potrà assistere ad un lieve restringimento di questo gap, nel lungo periodo è coerente immaginare che chi produce innovazione possa correre ancora più velocemente.
Azionario di qualità e di prospettiva resta sempre a nostro avviso la soluzione più promettente per i portafogli, sapendo che la volatilità e la sofferenza del mondo obbligazionario potrebbero non essere giunti al loro termine. Perciò non curarsi delle oscillazioni dei prezzi specie su asset class solide sia lato bond che equity implementando accumuli in caso di ulteriori discese di tali comparti risulta a nostro avviso il corretto atteggiamento da mantenere anche per il 2019. Nel breve il motto cash is king si rafforza quotidianamente.
Azionario di qualità e di prospettiva resta sempre a nostro avviso la soluzione più promettente per i portafogli, sapendo che la volatilità e la sofferenza del mondo obbligazionario potrebbero non essere giunti al loro termine. Perciò non curarsi delle oscillazioni dei prezzi specie su asset class solide sia lato bond che equity implementando accumuli in caso di ulteriori discese di tali comparti risulta a nostro avviso il corretto atteggiamento da mantenere anche per il 2019. Nel breve il motto cash is king si rafforza quotidianamente.