AGGIORNAMENTO MERCATI: l'incognita del mercato cinese
Ci troviamo di fronte ad una svolta epocale per l’economia del Dragone e questo è sotto gli occhi di tutti gli operatori. Il passaggio da un’economia totalmente improntata sull’export ad una sulla crescita interna sta passando da un processo iniziale di forte indebitamento.
Se le economie occidentali hanno impiegato 50 anni nel loro processo di crescita economico/sociale la Cina sta avanzando in tal senso in meno di un decennio. E queste dinamiche temporali si riscontrano anche nella velocità di crescita del debito aggregato interno.
Nell’ultimo decennio il debito totale privato è salito dal 140% al 240%, quello corporate (ex-financial) dal 90% al 150%. Cifre mostruose non solo per la loro grandezza, ma soprattutto per la rapida esplosione, lasciando più di un dubbio sulla capacità del loro controllo.
Se le economie occidentali hanno impiegato 50 anni nel loro processo di crescita economico/sociale la Cina sta avanzando in tal senso in meno di un decennio. E queste dinamiche temporali si riscontrano anche nella velocità di crescita del debito aggregato interno.
Nell’ultimo decennio il debito totale privato è salito dal 140% al 240%, quello corporate (ex-financial) dal 90% al 150%. Cifre mostruose non solo per la loro grandezza, ma soprattutto per la rapida esplosione, lasciando più di un dubbio sulla capacità del loro controllo.
Tali perplessità si sono manifestate su diversi operatori a Wall Street, che per anni hanno scommesso sul dissesto finanziario cinese (Kynikos, Hayman Capital, Horseman Global sono solo alcuni dei tanti nomi), restandone però sostanzialmente delusi. Tali scommesse non hanno pagato nonostante la crescita si sia ridotta e il debito sia sempre apparentemente meno sostenibile.
Banca Popolare Cinese e Governo si sono rivelati a oggi istituti moderni, hanno infatti acquisito la necessaria esperienza per rispondere repentinamente agli stress finanziari del sistema noncè alle contrazioni della crescita interna. Spazio di manovra tali istituti ne hanno e ne avranno ancora. Tale convinzione nasce dal fatto che il successo (o sopravvivenza) di Xi Jinping passi dallo scongiuro di un tracollo del sistema finanziario cinese; e questa è l’unica certezza per costruire una strategia futura a nostro avviso.
Essendo consci del potenziale cinese, economicamente parlando, resta da chiedersi cosa accadrà al debito aggregato del Paese, giacché esiste e va in qualche modo “trattato”.
I timori di Trump (largamente condivisi da tutte le forze politiche americane) si rivolgono non solo alla supremazia tecnologica e all’espansione commerciale cinese, ma ad un processo in atto che rischia di rendere sempre meno competitive le potenze occidentali di fronte a quella che potrebbe rappresentare la più grande svalutazione monetaria senza precedenti.
Se infatti prendiamo atto del consistente rallentamento produttivo dell’ecomomia del Dragone dal 2011 ad oggi dove la crescita è passata dalla doppia cifra ad un dichiarato 6% (e chissà quanto reale), si può facilmente comprendere quanto sia sempre più critica e gravosa la crescita del debito.
Se verosimilmente andiamo ad escludere una crisi finanziaria, l’equilibrio e la sostenibilità non può che passare dalla svalutazione valutaria. In sintesi aumento della base monetaria per opera della Banca Centrale Cinese a braccetto con politiche espansive governative de-localizzeranno la propria crisi del debito verso Usa e Europa, rendendo sempre più a buon mercato il made in China.
Banca Popolare Cinese e Governo si sono rivelati a oggi istituti moderni, hanno infatti acquisito la necessaria esperienza per rispondere repentinamente agli stress finanziari del sistema noncè alle contrazioni della crescita interna. Spazio di manovra tali istituti ne hanno e ne avranno ancora. Tale convinzione nasce dal fatto che il successo (o sopravvivenza) di Xi Jinping passi dallo scongiuro di un tracollo del sistema finanziario cinese; e questa è l’unica certezza per costruire una strategia futura a nostro avviso.
Essendo consci del potenziale cinese, economicamente parlando, resta da chiedersi cosa accadrà al debito aggregato del Paese, giacché esiste e va in qualche modo “trattato”.
I timori di Trump (largamente condivisi da tutte le forze politiche americane) si rivolgono non solo alla supremazia tecnologica e all’espansione commerciale cinese, ma ad un processo in atto che rischia di rendere sempre meno competitive le potenze occidentali di fronte a quella che potrebbe rappresentare la più grande svalutazione monetaria senza precedenti.
Se infatti prendiamo atto del consistente rallentamento produttivo dell’ecomomia del Dragone dal 2011 ad oggi dove la crescita è passata dalla doppia cifra ad un dichiarato 6% (e chissà quanto reale), si può facilmente comprendere quanto sia sempre più critica e gravosa la crescita del debito.
Se verosimilmente andiamo ad escludere una crisi finanziaria, l’equilibrio e la sostenibilità non può che passare dalla svalutazione valutaria. In sintesi aumento della base monetaria per opera della Banca Centrale Cinese a braccetto con politiche espansive governative de-localizzeranno la propria crisi del debito verso Usa e Europa, rendendo sempre più a buon mercato il made in China.
E mentre gli Stati Uniti sono più compatti di quanto possiamo immaginare sulla protezione della propria economia, ancora una volta l’Europa risulta in ritardo, preoccupata più della propria sopravvivenza politica che non dei nuovi venti economico finanziari.