AGGIORNAMENTO MERCATI: le regole non scritte del "Fi...nance Club"

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Mai così in basso la volatilità attuale. E questo grazie alla fase di risk-on alimentata dalla Fed a fine dicembre 2018 che ha ribaltato le sorti di un mercato che a detta di tutti sembrava “maturo”.
In passato siamo scesi così in basso nel 1996, nel 2007 e nel 2014. La compressione della volatilità è stata sempre seguita da un ritorno di fiamma e movimenti impulsivi anche se non sempre immediati rispetto alla fase più acuta di volatilità ridotta.




Questo ci dice la statistica, che però ha un peso sempre relativo nelle previsioni future sull’andamento mercati. Con tassi bassi, crescita striminzita e politiche monetarie accomodanti, fa davvero fatica la volatilità a dare qualche sussulto...
Il teatrino delle dichiarazioni degli istituti centrali ci vede sempre più in balia delle onde la cui spinta è nelle mani di grossi banchieri o leader politici. Non stupisce pertanto il comportamento degli indici in profondo contrasto da un trimestre all’altro. La zavorra del debito ha i suoi protettori e qualora venissero a mancare la voragine sarebbe profondissima. Questa è la ragione per cui tornare indietro sarebbe impossibile, pena squarci di fiducia sui mercati finanziari troppo lunghi da ricucire. Perciò aver fiducia nel sostegno al debito potrebbe essere la PRIMA REGOLA non scritta, ma di plausibile buon senso. Resta un asset class da evitare ben inteso, perlomeno a questi prezzi.
Quello che invece rappresenta una tipica reazione in un contesto finanziario attuale è la fortissima correlazione tra le asset class. Il 2018 si è chiuso con un deterioramento di TUTTE le asset class finanziarie, fenomeno simile a fine 2015, inizio 2016, prima che (guarda caso) il numero 1 della BCE ci mettesse una pezza. Temiamo ci si debba abituare in futuro a tempeste di questo genere, i fondi obbligazionari, alla spasmodica ricerca di valore cedolare, hanno ridotto sensibilmente il loro rating, correlando il loro andamento sempre più a quello dell’equity. Inoltre l’abuso di strumenti sintetici che replichino interi mercati rendono sempre meno “diversificabile” un portafoglio e l’esigenza di una decorrelazione tra propri asset in portafoglio sempre più difficoltosa e preziosa.
Da qui il nuovo mondo dei cosiddetti strumenti illiquidi e alternativi, che stanno prendendo piede ma che vanno affrontati con la dovuta attenzione.
Perciò la SECONDA REGOLA non scritta risiede nell’aggiornamento del concetto di diversificazione: estendere il numero di gestori nel portafoglio, la tipologia di strumenti cosiddetti alternativi, strategie di asset management (market neutral, macro, multiasset ecc.); insomma rendere tale termine concreto, reale e non solo riportato sulle schede commerciali o informative...
C’è poi una TERZA REGOLA che sicuramente non troverete scritta né pubblicizzata da nessuna parte: l’attenzione ai costi degli investimenti. Sembrerà banale, ma se è vero che è così difficile creare portafogli davvero efficienti, diversificati e decorrelati, perché allora pagare spesso un prezzo così alto sul costo della gestione dei risparmi. Su questa voce si può lavorare molto, credeteci. Intanto diventa oggettivamente difficile creare valore su asset class (tipo quella obbligazionaria) affrontando costi pari a 1-1,5% all’anno, pertanto è vitale avere un servizio dinamico, ricco di soluzioni, le più innovative possibili, altrimenti i costi peseranno proporzionalmente sempre in misura più gravosa. Se da un lato la nuova normativa Mifid II aprirà una finestra importante sulla trasparenza dei costi bancari e degli strumenti finanziari presenti nei nostri portafogli, dall’altro abbiamo la sensazione che sia prematuro aspettarci un’immediata concorrenza spietata tra istituti finanziari. Il contesto economico attuale vede come maggior voce di entrata nei bilanci bancari quella legata ai ricavi da servizi (le commissioni per intenderci…) e finché inflazione e tassi ufficiali saranno così bassi la situazione sicuramente non cambierà. A tal scenario si somma anche l’articolata struttura delle reti di collocamento che non rappresentano solitamente il ritratto della snellezza e dell’efficienza economica, necessitando pertanto di ulteriori spread commissionali.
C’è poi un aspetto che ha subito profonde metamorfosi in quest’ultimo ventennio ed è legato alla lettura nonché interpretazione delle notizie. Oggi non possiamo certo considerarci tagliati fuori dall’informazione, il reale problema anzi è quello della selezione all’interno del fiume mediatico da cui siamo travolti quotidianamente. Perciò la QUARTA REGOLA utile all’investitore parte dal presupposto di valutare attentamente i segnali che ci vengono dati in pasto ogni giorno dai media finanziari. La prima considerazione in merito è che notizie fini a se stesse con connotati di pura divulgazione sono merce rara. Dietro di esse si celano spesso sponsor di varia natura che macchiano la semplice intenzione informativa. Le fonti perciò hanno un’importanza fondamentale.
Secondo aspetto: i tempi per lo sfruttamento economico delle news si sono drasticamente accorciati, e cavalcarle, ancorché nel brevissimo periodo, è diventato pericoloso (vale il famoso motto “buy on rumors and sell on news”).
L’informazione va analizzata nella sua essenza, nel suo portare con sé elementi prospettici e sempre meno speculativi o di breve periodo. Solo un approccio più ragionato e strategico di lungo respiro è a nostro avviso costruttivo nell’affrontare il mare di notizie in cui saremo sempre più costretti a nuotare.



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