AGGIORNAMENTO MERCATI: il liquido... illiquido
Il fenomeno della contrazione dei rendimenti del mercato obbligazionario, spintosi ormai su valori surreali, ha dato il via negli ultimi anni ad una spasmodica caccia al bond che offrisse ancora interessi positivi per il sottoscrittore.
I principali istituti d’investimento hanno concentrato la loro offerta sulla creazione di numerosi fondi High Yield, per i non addetti ai lavori trattasi dei fondi comuni d’investimento costituiti interamente da titoli obbligazionari che offrono rendimenti superiori a fronte di rischi maggiori di solvibilità. Si è sovente discusso ultimamente sul cosiddetto premio al rischio non così “premiante” di tali strumenti rispetto al mondo corporate “investment grade”, ossia rispetto all’universo di titoli con rating di qualità. Quello di cui si parla meno, sicuramente anche perché un problema mitigato dalla forte presenza sui mercati degli istituti centrali, è il rischio di liquidabilità di tali asset.
La liquidità di un mercato obbligazionario potrebbe rivelarsi in questo caso inversamente proporzionale alle dimensioni dello stesso. Laddove infatti l’offerta di strumenti High Yield trova facile diffusione in fase di sottoscrizione non è detto che possa vivere il medesimo trattamento in caso di vendita e rientro della propria liquidità.
A tal proposito a inizio luglio il Governatore della Bank of England ,Mark Carney, aveva sottolineato il problema della liquidabilità degli investimenti. Il rischio paventato si presenterebbe nell’ipotesi di richieste simultanee di riscatto.
A tal proposito a inizio luglio il Governatore della Bank of England ,Mark Carney, aveva sottolineato il problema della liquidabilità degli investimenti. Il rischio paventato si presenterebbe nell’ipotesi di richieste simultanee di riscatto.
Linee guida aggiuntive sono arrivate dall’ESMA, l’autorità di vigilanza sui mercati finanziari, dopo gli stress test realizzati, tra luglio e agosto 2019 ,su 297 fondi europei ad alto rendimento per un valore complessivo di 187 mila miliardi (circa l’89% del mercato europeo high yield). Il test ha riguardato la capacità di soddisfare le richieste di riscatto, per un ammontare fino a 10% del valore del fondo stesso. Il risultato ha consegnato 4 fondi su 10 del comparto High Yield con possibili problemi di liquidabilità degli strumenti in cui si è investito.
RISULTATI STRESS TEST: PERCENTUALE FONDI CON RISCHIO DI LIQUIDABILITA’
Fonte: ESMA Economic Report Stress simulation for investment funds, 2019
Che il suddetto stress test abbia rilevato che più del 40% dei fondi HY vada in crisi di liquidità per richieste di vendita superiori al 10% della capienza del fondo solleva la controversa questione sulla stabilità e conseguente riscattabilità degli investimenti in fondi comuni (perlomeno di alcune asset class in particolare). Ciò che a parer nostro è fondamentale è la consapevolezza del risparmiatore sulla parte del proprio patrimonio destinata ad investimenti “illiquidi” o quantomeno vincolati per una certa durata. Questo non significa che ci si debba aspettare una crisi sistemica di liquidità da un momento all’altro, ma che remoti e ipotetici rischi connessi a tale fenomeno devono essere calcolabili all’interno del nostro portafoglio.
Che la situazione liquidità però possa dichiararsi totalmente sotto controllo non è così scontata. Basti pensare ad esempio che poche settimane fa la Fed si è trovata costretta ad iniettare una valanga di liquidità per assicurare l’equilibrio degli scambi finanziari.
Lunedì 16 settembre, in apertura dei mercati in USA, il valore del tasso repo overnight è improvvisamente salito fino a toccare il 10%: oltre 4 volte il valore di chiusura del giorno precedente.
Entità e velocità con cui si è mosso il tasso repo, sono un indicatore del fatto che in quel momento c’è stata una mancanza di liquidità causata da un differenziale elevato tra domanda (di liquidità) e offerta (di liquidità).
I tassi repo (repurchase agreement o PCT–pronti contro termine) rappresentano uno strumento fondamentale per il regolare funzionamento dei mercati finanziari, perché consentono alle società di accedere overnight (durante le ore notturne: ovvero di chiusura dei mercati di riferimento) alla liquidità necessaria per regolare i pagamenti in scadenza.
Il rialzo si è immediatamente riflesso nel valore del tasso di rifermento (target rate) oggetto della decisione della Fed: il federalfunds rate ha raggiunto il 2,25% ovvero il limite superiore dell’intervallo di confidenza stabilito dalla banca centrale americana.
Per riportare in equilibrio il mercato e mantenere il target rate entro i livelli obiettivo, la Fed è intervenuta direttamente il giorno successivo sul mercato con una iniezione di USD 53 miliardi: la stessa operazione si è resa necessaria nei giorni successivi (18 e 19 settembre) in misura maggiore (USD 75mld) e ancora nella giornata di venerdì 20/9.
Dal 24 ottobre la Fed infine offrirà 120 miliardi di USD anziché i 75 previsti in precedenza per garantire la liquidità necessaria sulle operazioni repo.
Che di liquidità un sistema altamente indebitato ed esposto ne sia voracemente ed esponenzialmente ghiotto le banche centrali ne sono più che consapevoli. Non stupisce perciò che qualche mese fa la Fed stessa abbia dichiarato (nelle minute di luglio) che ciò che un tempo era una presenza straordinaria delle politiche monetarie ora risulta impossibile non accompagnare i mercati attraverso una costante supervisione degli equilibri che stanno alla base degli scambi.
L’attenzione sull’argomento è pertanto elevata come a nostro avviso lo deve essere la percezione di ciò che è facilmente liquidabile da ciò che lo è meno. A questo punto decisamente meglio fare una scelta chiara (oltreché assai più redditizia) destinando una parte calcolata dei propri beni finanziari su strumenti totalmente illiquidi fino ad una certa data, dove sono altrettanto chiare le operazioni sottostanti oggetto di investimento; dalla partecipazione in capitale sociale di realtà di prospettiva, ad operazioni di private debt o sottoscrivendo fondi in real estate chiusi. Il tutto naturalmente sotto opportuna consulenza, ma sicuramente beneficiando di maggior trasparenza e premio al rischio.
Che la situazione liquidità però possa dichiararsi totalmente sotto controllo non è così scontata. Basti pensare ad esempio che poche settimane fa la Fed si è trovata costretta ad iniettare una valanga di liquidità per assicurare l’equilibrio degli scambi finanziari.
Lunedì 16 settembre, in apertura dei mercati in USA, il valore del tasso repo overnight è improvvisamente salito fino a toccare il 10%: oltre 4 volte il valore di chiusura del giorno precedente.
Entità e velocità con cui si è mosso il tasso repo, sono un indicatore del fatto che in quel momento c’è stata una mancanza di liquidità causata da un differenziale elevato tra domanda (di liquidità) e offerta (di liquidità).
I tassi repo (repurchase agreement o PCT–pronti contro termine) rappresentano uno strumento fondamentale per il regolare funzionamento dei mercati finanziari, perché consentono alle società di accedere overnight (durante le ore notturne: ovvero di chiusura dei mercati di riferimento) alla liquidità necessaria per regolare i pagamenti in scadenza.
Il rialzo si è immediatamente riflesso nel valore del tasso di rifermento (target rate) oggetto della decisione della Fed: il federalfunds rate ha raggiunto il 2,25% ovvero il limite superiore dell’intervallo di confidenza stabilito dalla banca centrale americana.
Per riportare in equilibrio il mercato e mantenere il target rate entro i livelli obiettivo, la Fed è intervenuta direttamente il giorno successivo sul mercato con una iniezione di USD 53 miliardi: la stessa operazione si è resa necessaria nei giorni successivi (18 e 19 settembre) in misura maggiore (USD 75mld) e ancora nella giornata di venerdì 20/9.
Dal 24 ottobre la Fed infine offrirà 120 miliardi di USD anziché i 75 previsti in precedenza per garantire la liquidità necessaria sulle operazioni repo.
Che di liquidità un sistema altamente indebitato ed esposto ne sia voracemente ed esponenzialmente ghiotto le banche centrali ne sono più che consapevoli. Non stupisce perciò che qualche mese fa la Fed stessa abbia dichiarato (nelle minute di luglio) che ciò che un tempo era una presenza straordinaria delle politiche monetarie ora risulta impossibile non accompagnare i mercati attraverso una costante supervisione degli equilibri che stanno alla base degli scambi.
L’attenzione sull’argomento è pertanto elevata come a nostro avviso lo deve essere la percezione di ciò che è facilmente liquidabile da ciò che lo è meno. A questo punto decisamente meglio fare una scelta chiara (oltreché assai più redditizia) destinando una parte calcolata dei propri beni finanziari su strumenti totalmente illiquidi fino ad una certa data, dove sono altrettanto chiare le operazioni sottostanti oggetto di investimento; dalla partecipazione in capitale sociale di realtà di prospettiva, ad operazioni di private debt o sottoscrivendo fondi in real estate chiusi. Il tutto naturalmente sotto opportuna consulenza, ma sicuramente beneficiando di maggior trasparenza e premio al rischio.