AGGIORNAMENTO MERCATI: le sfide dei 3 poli economici
Cercando di perlustrare cosa sta sotto la coperta del Covid, così spessa da impedirci di immaginare il futuro delle comunità, specie quelle più sviluppate, emergono, evidenti, alcuni macro-temi che impatteranno inevitabilmente sulla crescita globale.Alcuni di essi hanno un denominatore comune e ci riferiamo in particolar modo alla crescente e indispensabile attenzione all’ambiente e alle metamorfosi nel settore energetico, con cui faremo sempre più i conti (ci auguriamo), ma così pure al ritorno ad un maggior dialogo internazionale sugli scambi commerciali, al fenomeno dell’immigrazione massiccia da aree sempre più depresse e colpite da conflitti lasciati al loro destino o a elementi finanziari globali come l’eccesso di debito che ormai coinvolgono ogni Paese del pianeta.
La sensazione però è che, prima di affrontare temi globali, sia vitale “risolvere” aspetti caratteristici delle varie realtà socio-economiche concentrati nelle principali aree geografiche cosiddette “sviluppate”. Ci riferiamo naturalmente a USA, Cina ed Europa.
Gli strumenti e il buon esempio per guidare il pianeta verso crescita e progresso sono, verosimilmente, compito loro. È fondamentale infatti che prima si dimostrino compatte e credibili agli occhi del pianeta stesso.
Negli Stati Uniti, all’alba di una nuova era sicuramente più democratica e aperta al dialogo di quella precedente, ci si interroga come restituire fiducia agli americani e competitività all’economia di fronte all’avanzare del progresso tecnologico asiatico. L’impoverimento della classe media e il lontano ricordo del sogno americano vanno aldilà di ogni conflitto economico. L’abilità mediatica di Trump nello spostare l’attenzione su aspetti critici come immigrazione o la minaccia economica cinese hanno temporaneamente infervorato, illuso, stimolato più l’immaginazione che i fatti.
Questa è forse la reale spiegazione di un’affluenza record alle urne in queste elezioni. Una disperata richiesta di aiuto, di cambiamento, più che la conseguenza di un travolgente carisma dei candidati.
Abbandonata la speranza di una Blue Wave, ossia di un Senato e Camera entrambi democratici, l’America dovrà fare i conti con il buon senso repubblicano, faticando ad avere una linea chiara di politica interna e scendere a continui compromessi con l’opposizione. La potenziale riforma sanitaria, incentivi fiscali e politiche di redistribuzione del reddito rischieranno di essere argomenti tanto caldi quanto inefficienti se non otterranno larghe intese.
Se l’incertezza è di casa negli Stati Uniti, in questi giorni di certo non può sorridere nemmeno l’economia del Dragone. Nel bel mezzo dello scontro per le presidenziali americane la Cina ci mostra a sorpresa un punto debole dove meno te lo aspetti. La compattezza economica, politica, sebbene sotto le insegne non esattamente liberali del partito comunista, lasciano presagire una convivenza della classe politica e di quella economica unita, col solo obiettivo di creare crescita e sviluppo per il Paese. Il punto è che le cose non stanno esattamente così.
Il recente rinvio dell’Ipo di Ant Group, il colosso del fintech cinese fa emergere non pochi contrasti tra l’intraprendente imprenditoria cinese e le istituzioni del Paese.
Lo stop all’Ipo più ricca della storia non può non far riflettere. La norma secondo la quale Ant avrebbe dovuto finanziare almeno il 30% dei prestiti con fondi propri, comparsa a soli 3 giorni dalla quotazione sull’ambizioso segmento tecnologico della borsa cinese, lascia trasparire tensioni sostanziali tra Jack Ma e Governo. E’ evidente che lo stato cinese, presente con fondi propri all’interno del sistema bancario tradizionale, spinga a rafforzare il sistema finanziario chiedendo uno “sforzo” in termini di capitalizzazione al più potente imprenditore del Paese.
La solidità di Governo e il dinamismo imprenditoriale dell’economia del Dragone sono due punti di forza straordinari che però dovranno trovare logiche e ritmi di marcia comuni; e sotto un regime dittatoriale potrebbe non essere una passeggiata per Ma e compagni.
Infine la sfida europea, che manco a dirlo, è sempre la stessa. Quello che ad oggi forse rappresenta l’ultimo vero baluardo della democrazia all’interno dello scacchiere mondiale è chiamata a dare un segnale forte di unità. Per farlo bisognerà fare dei passi verso una reale unione politica e fiscale.
Il Covid in fin dei conti può rappresentare una chiamata in tal senso. Da un lato infatti la pandemia ha consentito lo sblocco di fondi straordinari e speriamo abbia diffuso una coscienza comunitaria maggiore. Il ruolo intanto della Banca Centrale presuppone sempre più una inscindibile sorte economica da salvaguardare che però, come espresso di recente anche da Cristine Lagarde, deve vedere politiche fiscali comuni affiancarsi a quelle monetarie. La credibilità del polo europeo è un passaggio obbligato per gli equilibri internazionali, utile a trasmettere un’immagine guida più sotto il profilo socio-culturale prima che economico.