AGGIORNAMENTO MERCATI: da cosa ci stiamo salvando?
L’intesa tra Dem e Repubblicani negli USA ha partorito ieri più del 4% del PIL americano, che sommato al Cares ACT di marzo, fa raggiungere un sostegno complessivo anti-Covid pari al 17% del PIL.
Si parla naturalmente di cifre mostruose, che spaventano da un lato per le dimensioni della crisi, dall’altro per la dubbia sostenibilità del debito che si viene a generare.
E per ora, come sostiene lo stesso Biden siamo solo alla fase “risarcimenti”, all’immediato tentativo di non soccombere dopo la perdita del lavoro e l’assenza di prospettive nel breve.
900 miliardi per leccarsi le ferite quindi: di cui 286 diretti alle famiglie (sussidi e assegni di sostegno), altri 325 alle imprese e altri importi minori ai settori più colpiti come trasporti e turismo. Tutto questo allo scopo di “tamponare” sino a marzo 2021. Poi…si vedrà!
È difficile per noi esprimere liberamente il nostro pensiero a tal riguardo, Il rischio di fraintendimenti è istantaneo, come è alta la consapevolezza che la coperta sia comunque troppo corta e una soluzione universalmente adeguata sia pura utopia. Il punto, che funge anche da attenuante ovviamente, è che l’uomo a tutto ciò non era preparato e in piena coerenza con la più grande di tutte forze motrici che caratterizzano l’essere umano, ossia l’istinto di sopravvivenza, si è optato per l’eliminazione del contatto, che, se prolungato, rappresenta la morte della comunità.
La domanda naturalmente è: quale alternativa avevamo?
Forse nessuna o forse, immaginando che il virus, e le sue eventuali mutazioni, non si sarebbe dissolto tanto in fretta, diverse soluzioni meno stringenti e “faticose” per i nostri rapporti umani (e le nostre tasche) avrebbero potuto avere qualche chance in più di essere prese in considerazione. Uno Stato può essere vicino ai suoi cittadini attrezzandosi in modo rapido ed efficiente in difesa della salute predisponendo ricoveri extra, disponibilità di test e controlli sulla diffusione del virus costanti, divieti di aggregazione e regole sul comportamento e sui contatti. Alcuni elementi dissuasori sono imprescindibili, altri rischiano di avere minori benefici rispetto ai sacrifici che comportano. Questo atteggiamento non significa andare tutti irresponsabilmente verso le braccia della morte, ma prendere coscienza di un fenomeno, che ha i suoi pericoli evidenti, ma che può serbarne altri se non si ragiona lucidamente da subito.
Pensiamo in tutta onestà che a marzo, qualora si riveli inefficace al 100% l’azione del vaccino, o si riscontri una mutazione del virus che imponga lo sviluppo di nuovi farmaci di contrasto, l’opinione pubblica comincerà a propendere per una ripresa incondizionata della normalità. La stessa opinione pubblica che si è rinchiusa unanime nella propria casa all’arrivo della prima ondata ora teme per il proprio futuro; sa che il mondo in qualche modo sta cambiando e che socialità è sinonimo di vita e di ripristino delle relazioni socio-economiche che guidano gli equilibri delle nostre comunità. Ma non è come spesso accade una questione di soldi. Quanti di noi si sono misurati in questi mesi con le proprie paure sulla morte? A quanti è prevalso un senso arrendevole di fatalismo e quanti invece hanno provato tenere lontano il virus privandosi il più possibile di ogni forma di contatto umano, condizionati dal terrore?
Consapevoli che dalle sofferenze (comprese quelle di questo maledetto 2020) nasca sempre qualche nuovo insegnamento, in questa ultima nostra puntata dell’anno del blog proviamo ad esporre le nostre sensazioni sui temi “caldi” in ambito finanziario e quali implicazioni potranno coinvolgere mercati e politiche monetarie alla luce della persistente incertezza da pandemia e le misure che Governi e Banche Centrali saranno costretti ad intraprendere. Per intanto è difficile immaginare politiche monetarie in controtendenza rispetto a quelle attuali. Le considerazioni in merito possono essere estese ad un periodo di tempo del più ampio del 2021. La ragione di quest’affermazione è insita nel fatto che le proporzioni ormai del debito sono a livelli tali da impedire ipotesi di rialzi dei tassi se non di fronte ad uno stato di salute dell’economia più che ottimale, che prevede oltre alla piena occupazione, anche una crescita inflattiva “sana”, la presenza di nuovi orizzonti commerciali in grado di generare benessere e crescita del potere di acquisto nel tempo. Solo in condizioni di questo tipo si può azzardare una contrazione del debito senza correre rischi di una recessione globale. Basti pensare al percorso degli ultimi vent’anni del Giappone che per evitare di piombare in una recessione e una violenta contrazione economica è ricorso all’abuso del debito con conseguente congelamento dei tassi d’interesse. Tornare indietro è tutt’altro che semplice perché comporta in un modo o nell’altro sacrifici che non si è stati disposti a sopportare in precedenza.
Ma attenzione proprio al Giappone che potrebbe rivelarsi un pioniere nell’exit strategy da questa trappola della liquidità in cui ci siamo immersi tutti. Segnali infatti incoraggianti dall’economia nipponica li stiamo vivendo proprio in questi mesi, all’alba di nuovi accordi commerciali all’interno del polo produttivo asiatico che stanno spingendo al rialzo i listini giapponesi ridestandoli da un letargo ventennale e dando qualche timido segnale di fiducia e inflattivo. Il risveglio del Sol Levante potrebbe rappresentare un bel messaggio per l’intera economia globale.
In questo scenario iper-accomodante dal lato monetario si sommerà l’effetto espansivo del lato fiscale.
I mercati sanno che prima o poi si beneficerà di questo effetto congiunto non hanno perso tempo e hanno per l’ennesima volta spinto sull’acceleratore solo sulle ali della fiducia al punto da chiedersi se non è doverosa una correzione imminente.
Beh a nostro avviso la risposta nel breve è affermativa anche se (a meno di altri shock esogeni violenti) non è verosimile una discesa troppo pronunciata dei mercati nel 2021 per tutto quanto espresso in precedenza.
Il cammino del dollaro potrebbe essere entrato in un ciclo di strutturale debolezza, in parte dovuta ad una svalutazione da eccesso di politiche monetarie espansive e da logiche di equilibrio che coinvolgono la sostenibilità dei debiti emergenti. Sarà interessante anche vedere se si svilupperà una relazione inversa con le Criptovalute, capitolo che sarà oggetto di probabili prime bozze di regolamentazioni in un futuro non troppo lontano.
Sarà un anno in cui si dovranno ridisegnare diversi accordi commerciali soprattutto tra Cina/USA/EU e questo avrà implicazioni economiche e valutarie fondamentali per il nuovo decennio, così come tutto il piano di sviluppo sui temi ESG.
Con tutta questa carne al fuoco, nonostante nel bel mezzo di una pandemia, è difficile attendersi mercati timidi o in contrazione. Molto più logico aspettarsi il contrario; ancora in spinta sui temi dominanti, dall’elettrico al digitale, dal clouding al cyber security, ma la notizia è che nel breve c’è da attendersi un probabile overperforming dei settori usciti più con le ossa rotte dal 2020. Parliamo naturalmente del mondo value, la “old economy”, di cui però continueremo ad avere ancora bisogno anche se per questi settori il destino di un minor appeal e redditività è già segnato…
Non ci resta che chiudere con un sincero augurio di Buon Natale e Felice anno nuovo, ricco di speranza e pizzico di coraggio.