AGGIORNAMENTO MERCATI: bolla o non bolla



Mentre gli Italiani hanno passato gli ultimi giorni col fiato sospeso, pregando e sperando di non vedersi sgretolare sotto gli occhi, nel bel mezzo di una pandemia, uno dei Governi più sconcertante e raffazzonato della storia del Paese, in larga parte del globo ci si sta interrogando se i mercati siano entrati nel bel mezzo di una bolla finanziaria e se non ci si debba cominciare a preoccupare di fenomeni inflazionistici in futuro.
Quello che sembra prematuro effettivamente a volte si rivela più vicino e rapido di quanto si possa pensare. 
Verissimo. Ormai corriamo ovunque. Corriamo sul lavoro, sui desideri, sui social. Corre il virus, corrono le notizie, corrono i mercati. Insomma, quando ci si ferma, se si è ancora in grado di farlo, si provano sensazioni strane. 
La capacità di anticipare i fenomeni ha pertanto di questi tempi un valore inestimabile. Se vuoi coprirti da un rischio o sfruttare un trend devi arrivare prima. Il processo corre talmente veloce che non si fa in tempo a coglierlo durante la sua corsa. 
C’è da dire che il problema si pone anche quando le intuizioni sono corrette ma vengono messe in atto con largo anticipo. In tale occasione oltre all’insoddisfazione da mancato guadagno subentra anche il fattore “invidia” nel notare i successi del vicino. Diventa a questo punto impegnativo mantenere coerenza con la scelta iniziale e lo stress induce spesso agli errori…
È il caso infatti di tutti coloro che, intravedendo il pericolo, hanno deciso di anticipare troppo l’uscita da mercati che lasciavano intravedere alcune crepe all’orizzonte. 
Vista la velocità con cui sta correndo il mercato (specie il Nasdaq) in questi mesi si leggono diverse testimonianze alla ricerca di similitudini con i vari crack del passato. La crisi del 1929, quella petrolifera del ’79 e dell’86, la bolla sugli asset giapponesi dell’89, la tech bubble del 2000 e quella bancaria del 2008; tutte hanno una loro storia. Tutte cavalcano un effetto euforico contagioso che in un baleno può trasformarsi in avversione al rischio e panico. Nessuna però assomiglia a quelle precedenti se vogliamo precisarne la natura e le ragioni. Proprio perché l’avversione a commettere i medesimi errori non porta quasi mai alla riproduzione dello stesso film.
Soffermandosi sulla scenografia attuale possiamo senza dubbio definirla unica nel suo genere. Nonostante l’esplosione dei prezzi di diverse asset class ci troviamo in una fase di convergenza di diversi fattori in grado di spingere l’euforia a livelli esagerati. Politiche monetarie ultra-espansive, stimoli fiscali, tassi a 0, premio al rischio sui bond ai minimi storici, rivoluzione energetica in atto, sostegno congiunto di Governi e Banche Centrali ad ogni forma di debito in circolazione: elementi questi che non possono che presupporre un rally dei mercati azionari.
Accorgersi di aver esagerato è la parte più difficile. I conti non si fanno mai durante la sbornia. 
Il problema è che il tempo dei bilanci prima o poi arriva e se il sistema economico non si è opportunamente rafforzato, offrendo piena occupazione, crescita e solvibilità alle società, le aspettative sul futuro a quel punto si deprimono, così come i prezzi.
Ora, le uniche certezze assolute sono le seguenti:
  • I mercati dipendono sempre più dalle Banche Centrali e probabilmente questo legame resterà fortissimo per molto tempo
  • I tassi resteranno prossimo allo 0 per molti anni
  • È iniziata una fase di transizione economica che lentamente porterà alcuni settori e le relative società a diventare i nuovi protagonisti economici di un futuro non troppo lontano
C’è una sete di cambiamento nell’aria che si rivelerà probabilmente frenetica come le nostre vite. Alcuni settori daranno più soddisfazioni di altri ma quello che è certo è che non mancheranno le fasi di incertezza che seguiranno quelle di euforia.
L’accelerazione dei mercati, in alcuni casi iperbolica, ha toccato in particolar modo quei settori legati al tech dove le aspettative sono rilevanti, questo è evidente. Ma cosa accadrà quando gli stimoli monetari e fiscali si allenteranno se, come è probabile che sia, le trimestrali deluderanno? E se dovesse rallentare il reinserimento della forza lavoro sul mercato successivamente al debellamento del virus (cosa peraltro probabile, vista la rivoluzione economica in atto)?
Tutti aspetti che non piaceranno ai mercati. Più avranno corso i listini e più ritracceranno ovviamente. 
In fin dei conti le bolle non sono altro che questo: esagerazioni supportate dalla frenesia di massa. 
Quello che conta è che ci sia crescita. Perché se il panettiere americano quando si ritroverà a chiudere la sua posizione aperta nel 2020 su RobinHood o altre piattaforme di trading (probabilmente in perdita…), non dovesse ritornare a sfornare, allora la situazione sarebbe più grave del previsto. 
Come spesso accade ci troviamo a sperare che gli aiuti pubblici abbiano una visione più attenta del futuro, non siano unicamente sostegni “a pioggia”, ma che seguano un progetto; e a nostro avviso, ancora una volta la frenesia non aiuta. Occorre parlare al popolo, non chiudergli la bocca con qualche soldo. Spiegargli quali strade sono da percorrere è il primo passo verso la crescita. 
Ogni progetto ha probabilità di successo se creato con CONSAPEVOLEZZA. Questo vale naturalmente anche per gli investimenti.
Più debole vediamo la pista del rischio inflattivo, a meno che non ci si spinga a “regalare” denaro alla gente per anni o che i mercati restino in bolla per lungo tempo da generare importanti flussi di reddito aggiuntivi alla maggior parte dei cittadini. Sarebbe la più colossale (e definitiva) distorsione della finanza sull’economia reale. In ogni caso un po’ di inflazione si creerà, questo è probabile, e tutto sommato lo attendiamo da tempo… E se da un lato non saranno le banche centrali ad aumentare i tassi, probabilmente i rendimenti obbligazionari torneranno ridare spread più appetibili e a riequilibrare il premio al rischio attualmente troppo sbilanciato sull’equity.  
In conclusione, auspicandoci di correre ancora per un po’ sui listini, proviamo ad esprimere alcune convinzioni maturate in questi ultimi mesi.
Anche se l’azionario cinese e di altri Paesi asiatici (non è ovviamente una legge universale...) presenta spesso una redditività più bassa di quelle americane, è a nostro avviso su multipli più contenuti ed è inserito in un contesto di mercato più supportato dalla crescita interna rispetto a quello statunitense ed europeo. 
Le nostre convinzioni di aumento del peso azionario su quell’area economica restano quindi sempre forti.
Tutto il mondo ESG va ovviamente preferito nell’asset allocation rispetto a quello tradizionale, così come la parte Green Bond per l’obbligazionario. L’indebolimento del dollaro inoltre darà respiro ai mercati emergenti ed al loro debito, quindi un po’ di rotazione verso questi Paesi soprattutto dai governativi delle aree sviluppate è sensata. Forse è prematuro, ma è da valutare un alleggerimento del tech USA verso comparti più ciclici e ancora sotto pressione. 
Il punto è che siamo in una fase di risk on e anche se avrà delle battute di arresto va sfruttata.




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