AGGIORNAMENTO MERCATI: 2022, odissea nell'inflazione
Oggi vi riempiamo di dati. Dati che però ci danno dei consigli, racchiudono delle informazioni utili a comprendere e non a impressionare la platea.
La comprensione poi di questi dati, e la loro corretta interpretazione, ci possono portare ad avvicinarci alle previsioni più verosimili. Resta poi sempre vero che a scuotere in modo significativo i mercati ci pensano degli eventi inattesi. Quello che possiamo solo umanamente fare è cercare di dare un senso ai numeri che caratterizzano le variabili macroeconomiche, ed esaminarne le cause che li hanno prodotti.
Tutti i riflettori sono puntati sull’inflazione. Una crescita quella dei prezzi che in USA ha già toccato il 7%, dato che non si vedeva dagli anni ’80. Anche in Europa a dicembre.
Anche in Europa a dicembre la crescita dei prezzi ha toccato il 5% registrando un’escalation da inizio anno, più marcata nell’ultimo trimestre. La sua spinta al rialzo ha caratteristiche non omogenee nelle varie economie mondiali. Scorporando il dato inflattivo americano, ad esempio, si evince un’inflazione core (cioè depurata dalle componenti volatili energetiche ed alimentari) che è doppia rispetto a quella europea. La maggior indipendenza energetica americana e gli effetti dell’American Rescue Plan Act di Biden da 1900 miliardi, che ha velocemente messo nelle tasche degli americani dollari sonanti (300 USD alla settimana e assegni una tantum da 1400 USD per chi aveva perso il lavoro) sono stati determinanti per la sua esplosione. Ma l’America è due caselle avanti. Nella seconda, infatti, c’è anche la crescita salariale che comincia a muovere i suoi primi passi, complice anche la difficoltà in alcuni settori a reperire la forza lavoro. I dati inflazionistici europei scontano invece prevalentemente le enormi strozzature negli approvvigionamenti di materie prime e più in generale dei beni di consumo giacché aumenti salariali e trasferimenti diretti hanno avuto impatti decisamente minori.
Da qui si comprendono le preoccupazioni della Fed per i tassi reali fortemente negativi che hanno spinto la Banca Centrale più influente al mondo ad annunciare 4 rialzi entro il 2022. Preoccupazioni che per ora non toccano la BCE. Anzi, considerando che l’impennata della componente energetica è del 25,9% nell’area Euro, si aspetta che i Governi drenino liquidità per alleviare l’impatto su cittadini e imprese.
Prima però di approfondire ulteriormente il tema inflazione vediamo come stanno crescita e debito globale.
Secondo il Fondo monetario internazionale, dopo il +5,9% di quest'anno, il Pil mondiale salirà del 4,9% il prossimo. Ma dietro questi numeri ci sono forti divergenze tra le varie aree geografiche ed economiche. E se nelle economie avanzate l'attività è prevista tornare ai livelli pre-Covid già entro la prima metà del 2022, in quelle emergenti e in via di sviluppo è destinata a rimanere al di sotto della linea fino al 2024.
Il punto è che i principali istituti di ricerca concordano sul fatto che la crescita in ogni caso si stabilizzerà al ribasso già dal 2022, lasciandosi alle spalle la schizofrenica impennata registrata quest’anno.
La liquidità non è certo mancata, capire però se sia stata iniettata nella giusta quantità non è semplice. Resta il fatto che ha contribuito ad alimentare una domanda che non ha avuto modo di incontrare un’offerta pronta a soddisfarla. E ciò che è peggio è che tale liquidità sia il risultato di un aumento mostruoso del debito globale.
Il debito globale, appunto, nel 2020 ha raggiunto quota 226.000 miliardi di dollari, il livello più alto dai tempi della Seconda guerra mondiale. Un balzo record del 28%, raggiungendo il 256% del Pil. Il rientro del debito, debito che le banche centrali desidererebbero sostenere sempre meno, è un argomento talmente delicato che ha portato recentemente il Fondo Monetario a pronunciarsi: “se le condizioni di finanziamento dovessero restringersi (per via della diminuzione degli acquisti delle banche centrali e del rialzo dei tassi) l’esponenziale crescita del debito comporterebbe grandi vulnerabilità al sistema…”
Ed è qui che risulta opportuno comprendere la “gravità” dell’attuale dato dell’inflazione. Comprendere da dove viene e qual è il suo futuro è molto più di una ricerca accademica. Un’eccessiva reazione delle banche centrali con innalzamenti dei tassi troppo marcati e repentini se da lato riporterebbe a “trasmettere” liquidità sotto forma di prestiti da parte del sistema bancario tradizionale, dall’altro minerebbe la problematica sostenibilità del debito. Se l’attuale inflazione ha connotati più transitori che strutturali, provare ad evitare la tassa occulta dei tassi reali negativi potrebbe comportare nuove tasse per sopperire al crescente costo del debito (pubblico e privato). Mettere in una tasca per prendere dall’altra.
L’antidoto antinflattivo computa più elementi che appesantirebbero il ragionamento. Questo blog vuole raggiungere più persone possibili che abbiano la pazienza di leggerlo.
Le ondate di vendite di questi giorni, concentrate prevalentemente sul mondo tecnologico o ancor meglio su quegli asset che hanno un peso del debito più marcato e che rischiano di non offrire flussi di cassa e dividendi costanti, sono sospinte da un timore che si autoalimenta giorno dopo giorno. Il risultato come spesso avviene è l’esasperazione di un concetto che si trasforma in azione, cioè in vendite incontrollate. I mercati del resto cercano costantemente degli spunti, e l’inflazione ne dà parecchi, anche se è molto probabile che nessuno abbia la più pallida idea di come essa si manifesterà in futuro. Perciò il sentiment ribassista ha raggiunto la maturità e un atteso ridimensionamento delle quotazioni nonché lo “spettro” del tanto temuto tapering conducono le danze in questo inizio 2022.
Questo scenario, a nostro avviso, non ci spinge a fare considerazioni particolarmente catastrofiche o in grado di sovvertire idee e convinzioni su cui sono stati costruiti i portafogli. Sicuramente l’introduzione di asset più “value” nei mesi scorsi, contribuisce a mitigare gli effetti di questa contrazione, ma resta inconfutabile il fatto che le opportunità più redditizie per i nostri risparmi risiedano là dove c’è valore e innovazione. La volatilità semmai apre nuove occasioni di incremento di tali strategie.
L’ideale sarebbe sapere cosa accadrà quando il sistema produttivo riprenderà a correre senza intoppi, quando le nostre vite, i servizi, i trasporti riaccenderanno i loro motori, magari sempre più ecosostenibili. Se banche, governi e istituti centrali avranno obiettivi comuni ponendo l’equilibrio del sistema finanziario globale davanti ad interessi e profitti individuali, il clima di fiducia non subirà contraccolpi. Per questo l’inflazione per i banchieri centrali è un obiettivo, un target, da cui non allontanarsi eccessivamente, su cui fare perno per crescere… in modo sostenibile.