AGGIORNAMENTO MERCATI: la deriva dei continenti
Trovare notizie positive che lascino ben sperare sul futuro dell'economia in un momento come questo è impresa ardua. Stiamo assistendo ad una combinazione di eventi politico economici che hanno direzione e conseguenze dal punto di vista della salute economica globale di sicuro impatto negativo.Analizziamo le varie aree del globo partendo dalla fotografia attuale della loro condizione macroeconomica e proviamo a delinearne gli sviluppi nel breve-medio periodo.
Partiamo dalla realtà più vicina a noi esaminando lo stato di salute in cui versa il Vecchio Continente.
Qui il buio è profondo.
Molti Paesi della coalizione europea si ritrovano a dover subire le devastanti conseguenze della guerra. Quella transizione energetica avviata a fatica dai governi europei si è rivelata per quella che ad oggi è soltanto un obiettivo di portata talmente rivoluzionaria da imporre investimenti e sconvolgimenti infrastrutturali profondi e da implicare tempistiche per il loro pieno conseguimento di lungo se non lunghissimo termine.
Il conflitto ucraino e le sue conseguenze inflattive sulle economie europee hanno aperto scenari recessivi inequivocabili. L'assoluta dipendenza produttiva soprattutto della Germania, il maggior paese industrializzato ed esportatore europeo, dipendente dalle forniture di gas e petrolio, hanno spinto in area negativa i bilanci delle partite correnti dei principali Paesi UE, primo tra questi proprio la Germania che trovava la sua prosperità economica dal connubio importazione con contratti a basso costo dall'est europeo e dalla Russia e forte esportazione di prodotti finiti verso le economie sviluppate. Ora è evidente che ridisegnare un equilibrio economico di successo spazzato via probabilmente per sempre dai recenti eventi geopolitici non sia uno scherzo da ragazzi.
Se il quadro politico non ridefinirà nuovi equilibri sostenibili saremo costretti ad affrontare una fase di recessione più o meno lunga, che sicuramente andrà a coinvolgere anche la sfera politica in quanto in fase di crisi economica non sarà facile per i governi conquistare il cuore dei cittadini.
Di tali difficoltà ci stiamo già accorgendo in questi giorni dove la sopravvivenza dei premier politici in Francia, Italia e Regno Unito è messa a dura prova dai consensi popolari e dallo scricchiolio delle coalizioni di Governo (o ancora peggio in taluni casi da gesti irresponsabili degli stessi soggetti politici – in preda allo sconforto tralasciamo però volutamente in questa sede di commentare le nostre vicende politiche).
In questo scenario giocherà un ruolo cruciale l’operato dei Governi che dovranno varare manovre in grado di evitare impatti troppo devastanti del carovita energetico nelle tasche dei cittadini. Come già precisato in altre circostanze, ormai è a tutti chiaro come l’inflazione europea sia totalmente determinata dall’esplosione dei prezzi delle commodities energetiche e non; e come tale vada trattata con grande delicatezza. Un raffreddamento dell’economia da parte delle politiche monetarie restrittive potrebbe rivelarsi più che in ogni altra parte del globo un acceleratore di recessione, più che di stabilità dei prezzi.
La personale sensazione è che ci sia bisogno più che mai di un sostegno da parte della BCE più che del suo ritiro dal programma di acquisti. E che tale presenza vada a braccetto con le forze politiche.
La sfida energetica è una sfida europea. La nobile presa di posizione in politica estera accanto all’Ucraina vedremo se ci troverà uniti una volta per tutte anche in politica economica…
Lato investimenti possiamo essere fiduciosi e impostare portafogli su un’area geografica fortemente penalizzata, indebitata e con scarse prospettive di crescita? Purtroppo no, e lo sosteniamo già da anni con rammarico. La situazione per l’UE non fa che peggiorare.
Passiamo ora al fronte asiatico, e per Asia ex-Japan si intende praticamente Cina.
L’economia del dragone è alle prese con la sua trasformazione epocale da Paese produttivo al servizio dei consumi occidentali a realtà economica con la grande ambizione di sviluppo interno. Peccato però si stia autoinfliggendo una crisi altrimenti scongiurabile con la politica “zero Covid”. Le autorità, restie all’ammissione di un’erronea ed eccessiva intransigenza sulla gestione della pandemia, stanno conducendo il Paese verso una pericolosa stagflazione attraverso ripetuti lock-down.
I recenti dati macro cinesi testimoniano l’impatto devastante di tali decisioni: la crescita nel secondo trimestre di solo 0,4% farà facilmente mancare il 5,5% di crescita del PIL stimato per il 2022 a inizio anno.
Si è rivelato il secondo peggior trimestre degli ultimi 30 anni.
L'esplosione della disoccupazione giovanile mette in luce una grande difficoltà da parte del paese di rinnovarsi. Inoltre il paese non riesce a riattivare come dovrebbe i consumi delle famiglie le quali al contrario continuano ad indebitarsi. Secondo il tredicesimo rapporto del centro studi ICCF (Italy China Council Foundation) l'indebitamento dei privati cinesi e salito sopra il 62% nel 2021 evidenziando come le famiglie non siano in grado di spingere in alto i consumi (pari al 38% dato bassissimo per un’economia sviluppata) con i soli redditi e risparmi.
La crescita cinese a cui abbiamo assistito negli ultimi vent'anni è sostanzialmente stata una crescita immobiliare perlopiù non sostenibile e caratterizzata da fenomeni speculativi. Il recente obiettivo di contenimento di tale fenomeno e del debito che lo sostiene spinge inevitabilmente verso un rallentamento dei dati economici del paese. Del resto, la Cina ha bisogno di incanalare più credito verso altri settori produttivi strategici ed è inevitabile che il settore immobiliare entri in una fase di rallentamento strutturale causata anche dall'invecchiamento progressivo della popolazione, aspetto che potrebbe condizionare in futuro anche la domanda di determinate materie prime.
La scarsità delle nascite in Cina infatti ha proprio come uno dei responsabili l'elevato costo delle abitazioni che insieme alle spese mediche e a quelle per l'istruzione, ha pesato notevolmente sul bilancio delle famiglie negli ultimi anni, disincentivando così i matrimoni e la crescita dei nuclei familiari.
Il governo cinese, perciò, si trova di fronte a delle sfide importanti da affrontare che lo spingeranno a dare una fisionomia totalmente nuova al Paese non senza prendere provvedimenti dolorosi che probabilmente prevederanno ingerenze continue da parte dello Stato sull'economia e sulle realtà produttive del Paese stesso.
Queste e ovviamente molte altre sono le incognite che caratterizzano l'investitore che si approccia ai mercati asiatici. Abbiamo spesso accennato però che questa situazione ricca di incognite e di trasformazioni ha di per sé molte opportunità: alcune aree produttive sono totalmente da sviluppare e hanno un bacino di utenza enorme; inoltre il governo non potrà restare a guardare e la stessa banca centrale si dovrà occupare di sostenere e rilanciare l'economia cinese attraverso manovre straordinarie di politica monetaria. In questo momento infatti la priorità in Cina non è il contenimento dell'inflazione ad ogni costo, sebbene esista e sia in crescita anche in quella parte di mondo, ma il rilancio economico che parta dal basso secondo l'ormai noto motto della “prosperità comune”.
Ci spostiamo infine in quella che ancora una volta si presenta come l'economia più in salute di tutte. Gli Stati Uniti, infatti, da un lato si trovano in una posizione di vantaggio rispetto all’Europa in quanto sempre più autonomi dal punto di vista energetico e dell'approvvigionamento delle materie prime, politica ormai portata avanti dai tempi di Obama, dall'altro rivelano un mercato interno forte con il dato inflattivo “core” in piena salute, tanta salute, troppa salute, difficile da abbattere.
L'insidia che porta però con sé l'inflazione e ahimè nota a tutti. Ed è questo l'elemento che maggiormente preoccupa in quest'area economica. Il contenimento dei prezzi avviene sempre in un modo o in un altro passando da un periodo di contrazione economica che se non ben calibrata conduce alla recessione.
L'unica priorità in questo momento per la Fed è questo tema. Un tema ancor più spinoso dal momento che gli impatti degli aumenti dei tassi sull'attuale debito americano e sulla capacità di consumo delle famiglie americane, nonostante la disoccupazione sia ai minimi storici, sono via via più gravosi.
Resta in ogni caso il mercato con maggiori spunti, caratterizzato da un miglior slancio economico dell'economia interna e dalla maggior presenza di società con miglior posizionamento competitivo sia sul piano dei fondamentali che su quello della ricerca e della tecnologia. È scontato pertanto individuarlo come quello di riferimento per cominciare a costruire posizioni azionarie per il futuro. Un futuro che, sia ben chiaro, nell'immediato dovrà farci transitare ancora per una fase recessiva o comunque di rallentamento che nel mercato usa stenta ancora ad arrivare.
La vera domanda che interessa un po’ a tutti è se i mercati, che ormai anticipano sempre più velocemente gli scenari macroeconomici futuri, abbiano realmente scontato nei prezzi la depressione economica in atto. La risposta più corretta è strettamente legata alla futura profondità della contrazione della domanda. L’ignoranza su questo dato ci impedisce di fare anche solo delle stime.
Però c'è un mondo a nostro avviso che coincide prevalentemente con i famosi e vociferati “settori growth” che sconta un effetto inflattivo sugli utili delle società appartenenti a realtà ad alto contenuto tecnologico frutto di un'eccessiva penalizzazione temporale. Un’inflazione, infatti, strutturalmente più elevata è ammissibile, ma gli effetti del raffreddamento dell'economia ancora non li conosciamo e i prezzi di determinati titoli che incorporano prospettive e sviluppi futuri e quindi ricavi interessanti potrebbero riprendere velocemente appeal presso il pubblico degli investitori come già peraltro assistito soltanto un paio d'anni fa. Biotech, cyber security, clouding, robotica, digitalizzazione, software sono tecnologie trasversali di cui le aziende non potranno fare a meno e sulle quali oggi è opportuno fare più di un pensiero visti i prezzi che diverse società specializzate stanno toccando.