AGGIORNAMENTO MERCATI: un 2023 carico di...


Il 2022 si chiude con la capitolazione anche del Giappone in quello che si poteva definire l’ultimo ed estremo tentativo di tenere i tassi a 0, o meglio volere controllare incondizionatamente il costo del debito.
Nel dettaglio cos’è successo pochi giorni fa?
Semplicemente le autorità monetarie nipponiche hanno modificato la banda di oscillazione dei rendimenti decennali obbligazionari portandola da 0-0.25 a 0.25-0.50. Letta così non sembra una mossa epocale, però la vicenda ha risvolti più complessi.
Forse il risveglio dell’inflazione ha spaventato anche il sistema economico del Sol Levante, o forse la profonda svalutazione dello Yen ha spinto i vertici monetari del Paese a rivedere quel percorso ultraventennale intrapreso dal Giappone di congelamento dei tassi intorno allo zero e di politica monetaria ultraespansiva che ha dato nome al fenomeno di “Trappola della liquidità”.
La critica oggi è che il Giappone ci sia arrivato in ritardo, ma personalmente trovo assai più significativo il fatto che ciò sia avvenuto indipendentemente dal quando. Il Giappone, infatti, ha percorso un cammino in solitaria, totalmente decorrelato dal resto del mondo sul piano politico-monetario. Ponendosi come obiettivo di rilanciare l’economia interna emettendo debito in modo copioso e progressivo e controllandone allo stesso tempo il costo e la circolazione. Quasi il 90% del debito, infatti, è in mano agli stessi giapponesi, di cui la metà detenuta dalla BOJ, e attualmente il debito pubblico emesso ammonta intorno ai 7500 miliardi di dollari. 
Si capisce quindi che con volumi di questo genere non si scherza. Il profondo, quanto saldo, patto sociale tra istituzioni monetarie, bancarie e private ha portato ad un equilibrio singolare ma soprattutto delicato. Aspettarsi perciò che venga mossa la banda di oscillazione dei rendimenti decennali con eccessiva disinvoltura ci sembra sinceramente azzardato. Il fatto, comunque, che ciò sia avvenuto è aspetto sicuramente da monitorare. Il suo significato è legato a quello dell’ingresso in un’era in cui inflazione e tassi d’interesse tornano a farsi sentire e cercare una loro collocazione di equilibrio tra le variabili macro.
Parentesi giapponese a parte, ci si interroga dopo questo anno terribile, in cui la maggior parte delle asset class ha patito discese spesso in doppia cifra, cosa ci aspetta nel 2023.
Le principali rassicurazioni per i mercati derivano spesso dalle mosse delle banche centrali. Nel 2023 ci si aspetta intanto che l’accelerazione dei tassi così come dell’inflazione diminuisca. Se da un lato questo è un bene per l’economia, dall’altro non significa un cambio di rotta per le autorità monetarie. Riportare l’inflazione e i tassi intorno al target del 2% resterà una delle priorità, assieme a quella di preservare occupazione e crescita.
Quello che si preannuncia non è quindi uno scenario ideale ai mercati. Tra residui di inflazione, recessione più o meno diffusa a seconda dei settori e delle aree geografiche, utili in contrazione, crisi energetica ancora in essere, tutto porta a pensare che le difficoltà ci saranno e saranno proporzionate all’impatto recessivo che si svilupperà durante l’anno.
La reazione dei mercati non crediamo onestamente possa assomigliare a quella del 2022. Intanto perché lato obbligazionario il mondo sembrerebbe aver prezzato un’inflazione in procinto di decelerare. Quanto gli operatori credano in un aumento dei tassi duraturo e scritto nella curva dei rendimenti. L’Inversione della curva sui tassi a lungo per USA e EU è un chiaro segnale di imminente recessione e convinzione di un futuro con tassi più contenuti di quelli attuali.
Perciò i portafogli, che oggi incorporano un rendimento sulla parte bond che non si vedeva da anni, per intanto vedranno stabilità e rendimenti dall’asset class obbligazionaria, che potrà offrire quella diversificazione assente nel 2022. 
Per quanto concerne il mondo azionario restano più di un dubbio. Sicuramente posizionarsi su settori che si dimostrano storicamente più resilienti in fasi di contrazione del ciclo economico e tassi elevati aiuterà.
Farmaceutico, energetico, finanziario, possono essere tra quelli più interessanti, ma sarà altresì utile avere una selezione stile bottom-up, con criteri di solidità e bassa leva finanziaria tra quelli da adottare per costruire una valida selezione di portafoglio.
In sintesi possiamo aspettarci incertezza derivante soprattutto da dati macro e micro in deterioramento, ma allo stesso tempo condizioni che conosciamo. La recessione è un fenomeno che i mercati hanno già affrontato. Il sell off del 2022 non ha nulla a che fare con il contesto che andremo a vivere nel 2023. Lo shock esplosivo della restrizione monetaria effettuata con la foga di chi ha perso il treno dell’inflazione e ora lo deve rincorrere disperatamente si è (ahimè) consumato. Ora il mercato cercherà un floor su cui appoggiare le radici per ripartire. Il tutto gradualmente e probabilmente con tempi dilatati giacché le previsioni di inflazione al target desiderato si stimano giungere nel 2025. 
Una variabile particolarmente sensibile e piena di risvolti nell’anno che verrà sarà nel tema energetico. Risoluzioni e rientro dello stress lato offerta potrebbe accelerare la distensione sui mercati specie in area Euro. Un’economia che sta producendo sforzi enormi per arginare l’impoverimento collettivo dovuto all’impennata dei costi energetici. Dalle politiche fiscali ai portafogli delle famiglie ai costi infine produttivi del mondo corporate; tutto balzerebbe con forza in avanti liberando risorse per stimolare la crescita che francamente tra i Paesi europei non dovrebbe tradursi in rischi inflattivi, ma darebbe una boccata d’ossigeno ad un continente fortemente importatore di materie prime.
Non ci resta che augurare a tutti Voi i nostri più sinceri Auguri di Buone Feste dandovi appuntamento al nuovo e sicuramente migliore Nuovo Anno! 


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