AGGIORNAMENTO MERCATI: il miglior investimento quando la recessione bussa alla porta


Negli Stati Uniti quando vacilla il dato sull’occupazione è un po’ come iniziare ad imbarcare acqua. Ieri si sono registrati 145000 posti di lavoro in più contro i 200000 attesi, un nuovo segnale di raffreddamento dell’economia.
Come già espresso in diverse altre occasioni, risulta anacronistico immaginare in presenza di inflazione lo snodarsi un finale di ciclo economico in assenza di crisi. Immaginarsi, come per magia, che le banche centrali possano ripartire a dar respiro monetario senza un passaggio doloroso che ne evidenzi la necessità non ha molto fondamento. È il sistema economico stesso, privo di energia e colpito in reddito e consumi, che porterà con sé i dati macro su cui poggeranno le scelte degli istituti centrali.
Si può dibattere se ci saranno o meno ulteriori rialzi, ma di tagli non se ne parla ovviamente.
Si sente ancora parlare di soft o hard lending, forse confortati da un inizio di anno tutto sommato non così dannoso per i mercati. In tutta onestà pensiamo non faccia molta differenza; nel senso che non abbiamo mai compreso quale possa rappresentare la linea divisoria tra i 2 scenari. Se parliamo di mercati, assistere ad un deprezzamento di tutte le asset class nel 2022 tra il 10% e il 40% non sappiamo quanto di soft possa avere come scenario. Se invece ci si riferisce alle possibili sorti per l’economia globale forse lo scenario temuto è quello di un contesto che potrà scontare fallimenti a catena alimentando un clima di sfiducia molto repentino. Un’immagine vicina a quella della crisi dei sub-prime del 2008 per intenderci…
Personalmente, essendo un film già visto, la probabilità che si ripeta in modo analogo è bassissima. Come invece è altissima che recessione e raffreddamento economico siano passaggi obbligati in cui piombare da un momento all’altro.
L’immagine che ne scaturisce è un po’ quella di una Banca Centrale che scava un fosso con una mano e con l’altra tira su i pezzi grossi che ci finiscono dentro (ovviamente quelli così grossi da determinare una crisi sistemica). Sulla base di questa dinamica l’economia scivola ma non implode.
Pensando ora a come comportarsi sui nostri risparmi già profondamente provati dal 2022 l’atteggiamento più saggio e redditizio è quello della pazienza. Una pazienza che si rischia di non avere più dal momento che siamo ormai abituati a viaggiare a tavoletta mentalmente sotto ogni profilo. Però, come già più volte espresso, l’inflazione si manifesta in maniera del tutto sincrona con l’esaurimento di un ciclo economico, che per sua natura necessità di tempo.
In queste occasioni la parte terminale del ciclo può dare spazio a colpi di coda a volte traumatici. Pensiamo alle difficoltà del canale bancario (leggasi SVB o Istituti di Credito minori, Credit Suisse, Eurovita, ecc.), ma anche realtà economiche che si possano trovare in crisi di liquidità con ricavi sempre meno corposi e costi del denaro e della manodopera non più sostenibili.
Scenari possibili. Soprattutto in questa fase terminale del ciclo economico appunto.
L’atteggiamento del risparmiatore responsabile però deve essere quello della consapevolezza di trovarsi in questo momento storico che cederà il passo inevitabilmente ad un nuovo contesto.
Nel frattempo oggi non conviene esporsi concentrandosi su realtà non solide in termini di solvibilità se non solo quando gli spread si saranno allargati incorporando un premio adeguato, amplificato cioè dall’effetto “paura”.
In pratica sono gradite le obbligazioni governative e corporate investment grade (sopra la BBB di rating per capirci), nonché il capitale di debito di tutte quelle società che hanno intrapreso un percorso ESG compliant perché su queste realtà ci sarà sostegno pubblico e su di loro confluiranno importanti somme di denaro già stanziate nel programma di crescita da parte dei governi dei principali Paesi sviluppati.
Non avremmo nemmeno paura ad allungare la duration su quest’asset class… la sensazione è che portarsi a casa un 3-4% annuo per i prossimi 10 anni sulla parte di portafoglio “a basso rischio” sia una finestra interessante da sfruttare. Se si tornerà a livelli più bassi di tassi e di rendimenti obbligazionari, come prima o poi è verosimile aspettarsi, immaginiamo che l’attenzione a contenere l’inflazione in futuro sarà decisamente più alta comportando un equilibrio al mantenimento dei tassi ufficiali su un livello più basso per lungo tempo.
Sotto la lente più selettiva faremmo finire tutte quelle realtà più a “rischio” insolvenza, meglio note con il nome High Yield, che potranno rappresentare anch’esse una grande opportunità per il futuro ma anche una discreta incognita nel presente.
Quest’analisi sul mercato dei bond ci porta inevitabilmente a esprimere cautela anche sul mondo equity, non ancora così attraente nei prezzi specie sul mercato USA.
Il 2023 sarà probabilmente nei suoi movimenti di debolezza un’occasione di acquisto per il futuro, soprattutto su temi ad alto valore aggiunto prospettico (tecnologia, healthcare, ambiente…).
Chiudiamo con un accenno alla Cina, che dà la sensazione di muoversi su strade esclusive.
Ci saremmo aspettati intanto un risveglio del mercato domestico più rapido e corposo in questa prima fase dell’anno e invece tutto sommato per ora ha un po’ deluso.
In questa fase storica, infatti, la Cina fa un po’ storia a sé.
Non ha praticamente inflazione, arriva da una trasformazione normativa di matrice protezionista e nazionalista ricominciando però a sentire la necessità di riaprire i propri commerci, dichiara e imposta il proprio programma di sviluppo mettendo al centro la crescita.
Diciamo che con queste premesse ci viene spontaneo profetizzare un rialzo dei mercati piuttosto che il contrario. Forse alcuni timori sull’affidabilità di Pechino tengono ancora banco e soprattutto lontano gli investitori esteri.
Noi facciamo analisi macroeconomiche e il contesto è sicuramente più attraente di quello occidentale.
Forse ancora una volta dobbiamo tenere duro e avere pazienza…
Buona Pasqua

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