AGGIORNAMENTO MERCATI: il mercato che non ti aspetti


Tutti un po’ in balia dei dati.
Come non ricordare infatti che la maggior parte degli operatori si esprimevano timorosi sul futuro dell’economia a seguito dei dati inflattivi e all’impennata dei tassi. La probabilità di una recessione americana era data quasi certa; il punto era solo capire se sarebbe stata traumatica o lieve. Oggi quasi nessuno si esprime in quella direzione. Si parla di un’economia comunque forte, in grado di sopperire alle attuali condizioni di tassi elevati. Se da un lato alcuni dati sull’accesso al credito, il mercato immobiliare o i consumi su beni durevoli portano i segni di una politica monetaria restrittiva, sul settore dei servizi si delinea ancora una certa elevata propensione al consumo dei privati.
Lo 0,4% mese su mese registrato dall’indice dei prezzi al consumo USA ci suggerisce che effettivamente le persone spendono, e lo fanno prevalentemente su salute, acquisti on-line, ristoranti, turismo, alimentando probabilmente occupazione nel terziario, in modo da sostenere nel medio periodo anche l’inflazione più difficile da abbattere. Crescono quindi le aspettative di un’inflazione resiliente, confermata anche dai rendimenti del Treasury a 2 anni che si è portato oggi al 4,07% su b.a.
L’incapacità di trovare una chiave di lettura credibile è testimoniata anche da una vera e propria paralisi degli indici azionari. La volatilità ha toccato minimi relativi là dove entrati nel famoso mese del “sell in may & go away” ci si sarebbe aspettati un sussulto, mentre ormai è un mesetto che si attesta sotto i 20 punti denotando una calma piatta, sintomo di stabilizzazione, ma probabilmente anche di estrema incertezza…
Resta quindi il tema aperto di creare un portafoglio oggi potenzialmente “pronto” a rispondere ad un’ipotetica crisi (data meno probabile ultimamente) o eventualmente ad approfittare di un mercato resistente e moderatamente in crescita.
Ci siamo già espressi su quello che crediamo possa essere lo scenario macro futuro. Segni di necessario sostegno a settori che da sempre trainano l’economia “pesante” di un Paese saranno prima o poi doverosi. Ciclicamente, infatti, inflazione e tassi crescenti generano criticità che possono sprigionarsi in lassi temporali più o meno lunghi, lasciando spazio a fenomeni che i media non mancheranno di amplificare e che segneranno inevitabilmente trigger points per un cambio di politiche monetarie e fiscali.
La strategia più attenta al numero più elevato possibile di scenari, forse eccezion fatta per un rialzo ancora sostenuto dei tassi, resta a nostro avviso essere lunghi di obbligazioni “solide”, preferibilmente corporate ed espresse in euro (in minima parte local currency, attraverso una elevata diversificazione tra Paesi emergenti). Cominceremmo a sottopesare il dollaro (specie vs euro) per svariate ragioni, una su tutte il probabile differente corso di politiche monetarie di FED e BCE. Se la prima è probabilmente vicina al capolinea dei suoi rialzi, la seconda ha probabilmente ancora un po’ di strada da fare i termini di rialzi futuri dei tassi con conseguente apprezzamento dell’euro sulla valuta americana.
Questa ipotesi di deprezzamento relativo del dollaro apre spazi per una maggior confidence anche su quelle economie cosiddette emergenti che presentano spesso posizioni debitorie nei confronti della valuta statunitense e che tendono a tirare un respiro di sollievo durante la sua debolezza.
Su quest’asset class oggi si vedono premi al rischio interessanti. Nei Paesi dell’America Latina ci sono oggi tassi reali fortemente positivi che offrono ritorni sugli investimenti a doppia cifra e livelli di cambio meno “pericolosi” di qualche anno fa. Anche i Paesi emergenti asiatici offrono rendimenti interessanti e prospettive di crescita delle economie interne sempre più concrete vista la progressiva delocalizzazione produttiva del Colosso Cinese. 
Se riteniamo sensata ancora un po’ di cautela su obbligazioni High Yield, specie quelle americane, in ottica di innalzamento dei rendimenti quindi ci pare più che condivisibile affiancare all’investment grade europeo anche un po’ di Obbligazionario Paesi emergenti prediligendo gestori specializzati rispetto agli ETF.
L’azionario va selezionato con cura. Quello americano non è a buon mercato, ma in media per così dire. Ciò non significa che debba scendere nei prossimi mesi, ma sicuramente esistono asset class più interessanti, specie appunto nel mondo obbligazionario. 
Ci sono al momento condizioni macro in taluni casi così divergenti da Paese a Paese che ci spingono ad essere meno fiduciosi sulle aree occidentali rispetto ad altre macro aeree. E questo perché la fine di un ciclo economico in USA e UE caratterizzata da elevata inflazione e forti rialzi dei tassi coincide con esigenze e sviluppi totalmente diversi in Cina o in Giappone, così come in molti Paesi emergenti. 
È ovvio che le incognite e le incertezze che derivano da relazioni commerciali ambigue, come quelle legate alla Cina, rendono questi ragionamenti macroeconomici poco efficaci. 
Abbiamo assistito negli ultimi mesi a dichiarazioni distensive da parte di Pechino che difronte, ad esempio, al caso verificatosi di recente sul controllo stringente dei dati sensibili di Capvision suonerebbero incoerenti.
La Cina resterà sempre un territorio ostico per gli investitori esteri, perché il controllo di società ed economia porranno freni continui al libero mercato. Restiamo però di fronte ad un mercato che seppur con una marginalità più contenuta delle aziende e soggetto potenziali continue restrizioni offre potenzialità notevoli e prezza a sconto come di rado abbiamo assistito storicamente. Starne fuori perciò non è corretto a nostro avviso.
Un’ultima parentesi la dedichiamo all’oro. Oggi sta toccando una resistenza grafica già vista in altre 2 storiche occasioni. Fatte le premesse di una potenziale svalutazione del dollaro davanti a noi e tenuto presente gli accumuli a riserva sempre più consistenti di valori aurei da parte degli istituti centrali, potremmo trovarci alla volta buona della rottura di quota 2070 dollari, con conseguente allungo verso livelli al rialzo inesplorati.



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