AGGIORNAMENTO MERCATI: libero mercato? Quali variabili hanno preso il sopravvento
Ci stiamo chiedendo in tanti le ragioni di un mercato così forte, che diciamolo sinceramente ha spiazzato praticamente tutti gli operatori.
E non può che essere così se siamo onesti. Ci presentavamo a inizio anno con un più che lecito timore di recessione o stagnazione economica, ampiamente condiviso, tipico di cicli economici al tramonto strozzati da tassi elevati, progressiva erosione del potere d’acquisto che, ribadiamo ancora una volta, deve ancora impattare sulla domanda aggregata specie su quei beni di consumo e servizi per natura più resilienti a contrarsi.
Ma questa è l’interpretazione macroeconomica della realtà, quella se vogliamo più canonica, giustamente imprescindibile, dei fenomeni di natura economica e finanziaria. Quella che, in fin dei conti, fa da sfondo ad ogni decisione strategica di una oculata e sana asset allocation.
L’evidenza ora è che il primo semestre dell’anno ha visto gli indici volare velocemente verso mete inattese, seguendo un percorso guidato da logiche che non possono solo appartenere all’area macroeconomica.
E allora proviamo a descrivere queste “nuove” spinte che hanno ricevuto i principali indici azionari tentando di spiegarle con maggior semplicità e chiarezza possibile.
Facciamo prima però un passo introduttivo crediamo utile alla comprensione, mostrando peraltro una certa solidarietà a tutto quel mondo di professionisti del risparmio che fanno dell’analisi e della ricerca il fulcro del loro lavoro.
Sono tempi duri, infatti, per chi prova a consigliare investimenti basandosi su analisi fondamentale. Storicamente selezionare gli strumenti finanziari da inserire in portafoglio attraverso metriche basate su fair value, analisi di bilancio delle singole società, ha rappresentato il perno decisionale per tutti quei gestori o advisor cosiddetti “attivi”. Personalmente in questo tipo di attività ci abbiamo sempre riscontrato un valore aggiunto che giustificasse il lavoro, la professionalità del gestore stesso e, di conseguenza, il suo compenso.
Aggiungiamoci, per non far torti a nessuno, anche tutti coloro che hanno sviluppato tecniche più “grafiche” o quantitative, sviluppando modelli su indicatori più “finanziari” o statistici, nel tentativo di supportare ulteriormente le scelte di investimento.
Dietro questi processi prende forma a nostro avviso la professionalità degli addetti ai lavori, ognuno con le proprie convinzioni e propri modelli decisionali.
L’evoluzione però, come è inevitabile che sia nel mondo dei mercati finanziari, ha visto l’ingresso di intelligenza artificiale, algoritmi e modalità operative di inserimento ordini a mercato da parte di “macchine” che seguono modelli automatici preimpostati.
Da un recente report di Morgan Stanley è emerso che più del 70% degli ordini che passano sui mercati USA sono “automatici”. E la tendenza possiamo solo immaginare quale sia…
Premesso ciò, a questo punto, quando sale alla ribalta un tema come l’intelligenza artificiale, scattano alcuni automatismi che comportano un boost su alcuni titoli in particolare che tende ad esasperarsi per i motivi che proveremo a spiegare.
Leggevamo di recente che il titolo Nvidia è presente su 1400 ETF di tipo ESG. In pratica, quanto più l’ambito degli investimenti ESG riceve consenso e viene spinto dall’industria, tanto più il titolo Nvidia beneficia di flussi addizionali, che finiscono su Nvidia sia perché il titolo è dentro l’ETF sia perché il suo peso sull’ETF è molto elevato, essendo un titolo da oltre 1 trilione di market cap.
Per non parlare degli ETF/fondi tematici, specie quelli di ultima creazione focalizzati su Intelligenza Artificiale o altri temi in voga (clouding, digitalizzazione, e-commerce, cyber security, smart mobility, green economy, climate enviroment, ecc), che vedono tra i primi titoli che li compongono spesso e volentieri i soliti attori (APPLE, ALPHABET, NVIDIA, AMAZON, MICROSOFT, META, TESLA).
Tali strumenti, per loro natura “passivi”, investono proporzionatamente prediligendo la capitalizzazione di mercato di una società. E così mentre l’investitore sceglie uno strumento che lo faccia investire sul tema dell’eco sostenibilità “comprando l’idea” attraverso un ETF tematico ESG, in realtà acquista più NVIDIA che un titolo come Vestas Wind o Nordex.
E così, mentre i gestori attivi (o gli Hedge Funds) non riescono a spiegarsi valutazioni stellari, la continua crescita dell’industria del risparmio gestito dei fondi ESG e degli ETF tematici continua ad alimentare la bolla in cui stanno piombando i principali titoli made in USA (guarda caso...)
C’è poi anche il fenomeno della crescita degli investitori retail.
Nel 2023 gli investitori hanno dimostrato di essere in grado di combattere ad armi pari contro i fondi hedge. E mentre questi ultimi continuano a vendere ad oltranza, gli investitori retail continuano a comprare, fregandosene completamente di concetti come fair value di un titolo, multipli o cosiddetti parametri di equa valutazione di uno stock.
Stando alle statistiche elaborate da JP Morgan, i retail investors non smettono di comprare. Sono ormai tre settimane che comprano all’impazzata. Nelle prime due settimane hanno preferito acquistare ETF, ma ora i flussi si sono spostati sui single stocks. La scorsa settimana i flussi in acquisto sono stati per 4.4 miliardi di USD di cui 1.2 miliardi di USD in singole azioni.
Volumi mai visti in passato… E chissà quali titoli avranno comprato?
La risposta è semplice: TESLA, APPLE, NVIDIA, META, MICROSOFT…. Il tutto alimentato dai social media che pompano a dismisura sulle preferenze dei consumatori, sempre più dipendenti da ciò che fa la massa. La FOMO, nonché la paura di stare fuori, spingono a schiacciare il tasto BUY.
Vi tralasciamo le modalità automatiche di acquisto che scattano su quel 70% di ordini guidati da algoritmi, i quali si autoalimentano in fasi di slow down della volatilità. Il segnale di acquisto aumenta al decrescere della volatilità creando una spirale di rialzo che si va ad aggiungere al contesto sopra descritto.
E così la BOLLA è servita!
Questa è la storia dei rialzi del primo semestre, un rialzo che ha coinvolto una decina di titoli che però capitalizzano più di un terzo dei mercati USA.
Sorridiamo, a metà tra il beffardo e lo sconfortato, di fronte ai tentativi di giustificare questi rialzi con ragionamenti “accademici”. La resilienza dei consumatori, le sacche di risparmio accumulate post COVID, la forza inaspettata di un’economia resistente anche ai tassi elevati…
Può essere, in parte, ma quello a cui abbiamo assistito è la prova di un mercato a tutti gli effetti sempre più pilotabile e prevalentemente in mano a chi manovra la volatilità, generando pivot finanziari in grado di strappare nel breve i principali indici azionari.
Chi saranno mai i burattinai?
Anche questa domanda ha una risposta semplice: si tratta dei soliti noti, GOLDMAN SACHS, BLACKROCK, JPM, MORGAN STANLEY & co.
Queste dinamiche però vanno conosciute.
Non che sia semplice districarsi e scegliere cosa fare in modo oculato, arginandone gli effetti, ma è importante comprendere la loro esistenza, il loro meccanismo distorsivo sui prezzi e soprattutto i rischi di break down violenti e profondi alimentati dalla stessa dinamica che si è creata sui rialzi.
Questo è il gioco, perché un po’ di gioco si tratta, inventato da chi guida i volumi, per fare ancora una volta soldi manipolando flussi e psicologia dei risparmiatori.