AGGIORNAMENTO MERCATI: il peso del sentiment


Oggi parliamo di un fattore che non ha molto di tecnico ma che ancora una volta incide in modo significativo sui trend dei mercati.
Il cosiddetto sentiment degli investitori è quella componente che ha a che fare con l’umore degli operatori di mercato. L’umore spesso coincide da un lato con le aspettative che si hanno sui mercati (non necessariamente con i dati futuri economici) e dall’altro con l’ottimismo o pessimismo di fondo che si viene a creare semplicemente “respirando l’aria che tira”.
Ovviamente non si approccia una scelta di investimento solo sospinti dai venti del momento, ma fidatevi che si tratta di una componente da non sottovalutare. 
Come si crea un tipo di sentiment? È un fenomeno che cresce in modo proporzionale al consenso collettivo. 
Si alimenta generalmente in occasione di aspettative future che toccano la fiducia sulle prospettive e la capacità di reagire dei mercati di fronte ad eventi potenzialmente negativi.
Se il sentiment è positivo le bad news hanno un impatto lieve e si rivelano occasioni di acquisto pressoché immediato, se invece è negativo gli eventi vengono letti quasi sempre con timore e la tendenza diventa quella di stare lontano dall’investito in capitale di rischio.
Pensiamo allo scenario economico assistito nel 2022. I timori guidavano le scelte degli investitori, i quali quasi non accettavano che l’economia stesse rispondendo dignitosamente di fronte agli aumenti violenti dei tassi. L’idea che si dovesse cadere in recessione era la convinzione collettiva che impediva di leggere in modo positivo quanto stava accadendo. I mercati scendevano indipendentemente da dati e resilienza economica evidente. Poi la musica cambia, come sempre. La recessione non arriva, anzi, subentrano temi destinati a creare valore alle imprese con impatti addirittura esponenziali come l’IA. Magicamente le realtà più solide, società che guidano economie e mercati cominciano a dichiarare la loro crescita attesa in sensibile aumento e attraggono capitali. È così che a distanza di mesi anche i più reticenti hedge fund iniziano a farsi “male” con le loro strategie conservative e shortiste e lentamente comprendono che il famoso sentiment è cambiato. 
È così che in un attimo a dicembre 2023 il mercato si precipita a prezzare tagli dei tassi con smisurato ottimismo, ed è così che di fronte alla cautela ancora mostrata dai governatori delle principali banche centrali a lasciare tassi agli attuali livelli “quanto basta” il mercato si rivela comunque fiducioso, coraggioso e ostinatamente ottimista. 
Ci troviamo quindi oggi a vivere un approccio alla notizia oggettivamente positivo e la sensazione è che a minare la fiducia creatasi ci voglia uno shock vero e proprio in questo momento. Questo è quello che sta avvenendo nelle economie occidentali. 

Non possiamo dire lo stesso per la Cina. Lì il sentiment è ribaltato al contrario. 
Abbiamo assistito qualche giorno fa ad un importante “tentativo” iniziale di raddrizzare il barcone del Dragone ormai alla deriva da anni con un’iniezione da 280 miliardi di USD che per ora ha solo il sapore di un tampone o poco più. Il sentiment degli investitori cinesi e stranieri è ai minimi storici e nemmeno i prezzi letteralmente cheap di colossi come Alibaba o Baidu attraggono più di tanto.
In Cina, l'indice dei prezzi al consumo (CPI) ha registrato una diminuzione anno su anno dello 0,3%, influenzata principalmente da una notevole riduzione del 3,7% nei prezzi dei generi alimentari. Questo modello deflazionario (persistente per il terzo mese consecutivo) è un fenomeno visto l’ultima volta nel 2009.
Stazionario il dato sull'inflazione di base, escludendo i settori imprevedibili del cibo e dell'energia. Questo tasso di inflazione quasi anemico è in netto contrasto con le tendenze di inflazione più elevate in Nord America ed Europa.
Questa tendenza alla deflazione in Cina suggerisce una domanda ridotta combinata con un'eccessiva offerta. Gli indicatori di ciò includono la diminuzione dei prezzi alla produzione, la riduzione della spesa dei consumatori e il calo degli investimenti privati. Un ambiente deflazionario porta tipicamente a costi di prestito reali più elevati e a maggiori oneri debitori, sollevando preoccupazioni di instabilità finanziaria, come nell'esperienza del Giappone alla fine degli anni '90. Inoltre, sopprime l'entusiasmo di spesa sia dei consumatori che delle imprese. Senza contare il calo demografico spaventoso che si sta abbattendo sul Paese. In questo contesto ribaltare il sentiment potrebbe non essere cosa semplice, anche se ancora una volta teniamo presente che la musica può cambiare da un momento all’altro e spesso siamo in grado di riconoscerlo solo quando cambia il sentiment collettivo...


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