AGGIORNAMENTO MERCATI: don't trust the FED
Correva il motto “Don’t fight the Fed” che resta sempre valido naturalmente…
Ora però ci pare di doveroso sottolineare quanto la Fed affermi cose per poi a distanza di pochi mesi dirne altre. I fantomatici tagli “promessi” a fine 2023 da effettuare nel 2024 sono evaporati in un baleno lasciandoci alcuni interrogativi per il futuro. Uno su tutti è se la Fed sia in grado di prevedere l’inflazione in modo attendibile. A questo punto la risposta è no. L’altro interrogativo è se Powell svolga un lavoro totalmente slegato dal quadro politico. E anche su questo punto cominciano a emergere più di un dubbio. Che necessità aveva infatti il numero uno della Fed di travestirsi da colomba prima di riscontrare con certezza la resa incondizionata dell’inflazione. Il mondo è cambiato e i banchieri centrali lo sanno bene. Hanno già sottovalutato una volta il fenomeno della de-globalizzazione, le crescenti tensioni commerciali e geopolitiche, gli stress dal lato dell’offerta post-pandemia e derivanti dalla transizione energetica. L’inflazione ha cibo in abbondanza per i prossimi anni e non è sensato fare previsioni sul suo andamento futuro, meno che mai ipotizzare la sua stabilizzazione verso il famigerato 2%.
Se però sei una Banca Centrale di un Paese che ha un debito sempre più fuori controllo e che dovrà rinnovare le scadenze in futuro a questi tassi è evidente che hai una nuova variabile da ponderare nelle tue scelte. Debito peraltro sempre meno sottoscritto all’estero che apre ad una fase di de-dollarizzazione internazionale galoppante. Ce lo testimonia il percorso dell’oro in continua ascesa che non rispetta più da tempo la relazione inversa con la forza del dollaro stesso, preferito come riserva dai principali istituti centrali dei Paesi emergenti.
E così Powell dice e non dice, a volte non fa ciò che dice correndo il rischio di credibilità di cui però il mercato ha estremo bisogno.
Il mercato così si presenta oggi scontando forse un taglio nel 2024, probabilmente dopo l’estate, dove gli occhi saranno immancabilmente già puntati sulle elezioni presidenziali. Che ci piaccia o no questa è la nuova storia che stiamo vivendo e che probabilmente si scriverà senza troppe previsioni attendibili.
E allora quali certezze ne possiamo trarre per affrontare gli scenari futuri?
Intanto, come sempre, nel leggere gli sviluppi macroeconomici non possiamo scivolare nelle tentazioni di cambiare idea sui portafogli dopo alcuni mesi. Occorre farsi un’idea di cosa è verosimile non cambi negli scenari futuri e attendere che tutto si compia. Questo vale sempre e a maggior ragione in questo momento.
Prima colonna portante per costruire un asset sensato crediamo sia data dalla riluttanza dei banchieri ad alzare i tassi in futuro. È, come abbiamo detto, uno scenario insostenibile. Ne consegue che una base di obbligazioni nei portafogli sia imprescindibile, e se anche ad oggi hanno relativamente deluso, ci garantiscono flussi di cassa preziosi per il futuro, magari senza eccedere con la duration ma mantenendosi ad un livello intermedio della curva (scadenze 5-7 anni)
Altro elemento che dimostra vigore e consenso a tutte le latitudini è, come detto prima, l’oro. Chi sostiene che sia caro forse trascura il suo nuovo ruolo di riserva preferita dalle Banche Centrali di mezzo mondo.
Questi sono i pilastri stabilizzatori che porteranno equilibrio e valore agli asset.
Poi c’è il mondo azionario che potrà vivere più volatilità di quella riscontrata negli ultimi 6 mesi, ma che tuttora gode di massima fiducia specie negli USA.
Se però vogliamo scommettere su chi è rimasto indietro non possiamo non citare l’incognita Cina, alle prese con la più grande ristrutturazione mai vista della propria economia. Stanno entrando flussi per la prima volta dopo 3 anni (dico 3 anni!) negli ultimi mesi che hanno il sapore di un germoglio che nasce su un terreno ancora arido e complicato, ma che trovano conforto in quotazioni così basse da non poter essere trascurate e non rappresentare una storica opportunità. Qui non si sta scommettendo su un titolo o una singola società, siamo infatti alle prese con la seconda economia mondiale che deve scuotersi da una fase pericolosamente lunga di buio e ne ha i mezzi e le potenzialità per farlo da un momento all’altro.