AGGIORNAMENTO MERCATI: considerazioni per un risparmiatore con poche azioni
Arriva il momento in cui un risparmiatore si chiede come mai sia stato troppo prudente.
Ovviamente questo momento coincide con fasi di mercati al rialzo da più mesi. Mesi nei quali il nostro risparmiatore ha continuato a chiedersi se non fosse il caso di aspettare un momento più propizio per accumulare azioni a buon mercato.
Probabilmente questo post intanto è dedicato agli investitori italiani ma anche europei piuttosto che americani. Negli Stati Uniti, infatti, investire i propri risparmi significa principalmente comprare azioni quindi il dilemma di entrare sul mercato azionario è praticamente inesistente giacché spesso e volentieri si è dentro a prescindere con la maggior parte dei propri capitali. E questo e anche un altro aspetto non di poco conto. L'investitore statunitense, oltre a supportare la propria economia partecipando in massa al capitale di rischio (e al profitto) delle società che compongono il tessuto economico del paese, tende col tempo a non accontentarsi di rendimenti sotto una certa soglia, col risultato di escludere gradualmente tutte le asset class che presentano rendimenti non soddisfacenti.
La storia in Italia o più generalmente nel vecchio continente è un po diversa.
Alla fine del 2022 quando dopo 15 anni si sono ricominciati a vedere rendimenti nelle obbligazioni corporate e governative a molti risparmiatori non pareva vero probabilmente ritornare a percepire rendimenti, se ben inferiori all'inflazione corrente, sul buon vecchio Btp. È così, senza farsi mancare nemmeno un'asta, i privati hanno saturato l'offerta di tutte le emissioni sul primario a volte con la liquidità presente sui conti, altre volte addirittura liquidando posizione in perdita di asset azionari.
Ora cosa sia meglio fare ancora una volta te lo insegnano i mercati e non le nostre emozioni.
Il percorso dei principali indici azionari, anche se sarebbe più corretto limitarsi a guardare quelli americani, è un percorso che tende a crescere ed è destinato a crescere nel tempo. Ci sono fasi ovviamente in cui questa salita viene interrotta anche bruscamente, che perentoriamente però rappresentano delle enormi opportunità di accumulo in azioni a prezzi che si rivelano col tempo interessanti.
In questo momento la domanda ricorrente è quanto possa ancora durare questo ciclo di rialzo dei mercati. Domanda che ovviamente non si fa soltanto il risparmiatore scarico di azioni e sulla quale si potranno avere risposte soltanto di fronte a bruschi cambiamenti che vadano a compromettere in primis la fiducia sulla tenuta dell'economia, ma soprattutto sul successo del tema del momento ossia dell'intelligenza artificiale.
Però alcune considerazioni di fondo e oggettivamente pertinenti, oserei dire quasi universali, osservando l'andamento dei mercati in questi ultimi due anni potrebbero essere le seguenti.
Esiste una sola economia che dopo le crisi o i tentennamenti del mercato emerge con vigore e più velocemente delle altre ed è quella degli Stati Uniti, la quale è sempre la prima a muoversi per intercettare nuove tendenze e nuove tecnologie. Questo inevitabilmente porta interesse economico, l'ascesa di società capaci di cogliere per prime tali opportunità, lasciando agli altri le briciole.
Altro effetto piuttosto evidente è quello del consolidamento della posizione di leadership di quelli che ormai sono colossi del mercato mondiale. Le ormai note come “Magnifiche 7”, anche quando le condizioni finanziarie del sistema si fanno peggiori per l'innalzamento di inflazione o dei tassi interesse sul mercato del credito, dimostrano di patire relativamente il restringimento della base monetaria. La loro cassa permette loro di continuare ad investire direttamente all'interno della società o rastrellando aziende minori ma strategiche per consolidare il loro business. Il risultato è che gli indici di borsa prevalentemente costituiti da queste Mega Cap riflettono la loro crescita.
A distanza di un anno circa dall’ultimo rialzo della Fed, e di una permanenza dei tassi tra il 5.25% e 5.5% l’economia a stelle e strisce continua a sfornare dati fenomenali tra disoccupazione ai minimi storici, utili record e consumi confortanti. La Fed resta a guardare con un certo ottimismo e non può che raccontare come un mantra che il suo operato futuro sarà data-dependent. Se da un lato è lecito ipotizzare tassi di equilibrio più “sani” per l’economia a livelli più bassi dall’altro finché non ce n’è bisogno non vi sono ragioni per agire nell’immediato. L’euforia tecnologica, inoltre, le viene anche in contro facendo uscire dal guscio anche gli investitori più timorosi che non intendono perdersi il treno di quella che probabilmente rappresenterà una nuova rivoluzione economica dopo quella informatica e di internet vissute nei decenni scorsi.
In conclusione, queste poche righe dedicate in particolare all’investitore cauto non vanno interpretate come un appello a cambiare pelle o “propensione al rischio” e meno che mai a prevedere rialzi costanti. La volatilità ci sarà, come sempre, e a portarla potranno essere nuove “fasi” come quelle dettate da politiche fiscali dei governi più restrittive che tenderanno comprimere un po’ il risparmio privato o magari il cominciare a fare i conti sui costi da sostenere per rendere meno astratto e integrato al sistema economico produttivo il magico mondo dell’IA.
Quel che conta però è che la fiducia torna sempre… e porta rendimento!
