AGGIORNAMENTO MERCATI: analisi di una correzione estiva
Il mercato se ne va in ferie, lasciando la presa sui listini e portandosi dietro qualche dollaro accumulato. Le Borse Usa, al netto degli storni di questi giorni, registrano ancora un +20%, e soprattutto lo fanno senza interruzioni da ottobre 2023.Per quanto sempre doloroso, le correzioni fanno male, nel breve…
Ora, arriviamo subito al punto. La domandona è: “Il mercato si è accorto di qualcosa di grave o siamo di fronte ad un fisiologico ridimensionamento del fenomeno AI, soprattutto in termini di utili immediati, che non intacca però la forza del sistema economico-finanziario attuale?”
Per rispondere, sapendo che ovviamente solo il mercato ha sempre ragione, può essere utile accumulare e analizzare informazioni di tipo “storico” in primo luogo, che ci permettono di rivangare evoluzioni passate a seguito di scenari similari, e in secondo luogo soffermarci sui dati macro che come al solito rappresentano un po’ il termometro dello stato di salute dell’economia.
La storia ci dice alcune cose appunto. Intanto la durata media dei precedenti trend rialzisti ciclici storici dal dopoguerra ad oggi supera i 55 mesi, identificando pertanto il minimo nell’ottobre 2022, che ancora pesa nelle tasche degli investitori, specialmente gli amanti dei bond, potremmo trovarci solo a metà di questo bull market. Un bull market che di nuovo storicamente ha dimostrato di coinvolgere più settori e più società. La selettività vista finora, incentrata su Mega Cap e AI, non rende giustizia al resto dei partecipanti che da inizio anno stavano cominciando a rialzare la testa.
La storia ancora è benevola per i mercati nell’anno delle elezioni americane, nell’80% dei casi si è assistito infatti a chiusure positive degli indici nell’anno.
Dal lato macroeconomico ci si chiede invece se l’economia non cominci a dare segnali di cedimento. Se da un lato l’inflazione ha rallentato, restando però l’osservato speciale dei banchieri centrali, dall’altro l’Institute Supply Management Index (ISM) e il Purchase Management Index (PMI) non sono in grande spolvero, scivolando sotto il 50, valore da sempre spartiacque tra salute e malattia del sistema produttivo globale. Il livello occupazionale infine potrebbe far pendere l’ago della bilancia tra crescita e stagnazione, qualora dovesse imboccare la via del declino. E ancora, se da un lato non abbiamo certezza sull’evoluzione della crescita economica, così come non ce l’ha lo stesso Powell, nuovamente attendista e cauto nell’inaugurare l’era degli stimoli monetari, dall’altro mi chiedo perché ci si debba preoccupare di un raffreddamento economico sapendo che ci condurrebbe ad un taglio dei tassi più repentino.
In sintesi tornando alla domanda che ci ha spinto fin qua, come dobbiamo interpretare gli storni profondi di questa settimana?
A nostro avviso deve prevalere l’ottimismo. È il contesto che ci porta ad esserlo. C’è spazio per il sostegno monetario, per politiche fiscali accomodanti se dovessero frenare ulteriormente inflazione e consumi. Quello che potrebbe tenere banco e scompaginare le carte sono ancora una volta i risvolti geopolitici che minano la stabilità dei prezzi e dei commerci. Ma in assenza di shocks di tale natura lo scenario probabile è un aumento momentaneo della volatilità che possa riportare dopo un periodo di “riflessione”, nuova forza e vigore ai listini, magari in modalità più democratica e meno selettiva.
Ora, arriviamo subito al punto. La domandona è: “Il mercato si è accorto di qualcosa di grave o siamo di fronte ad un fisiologico ridimensionamento del fenomeno AI, soprattutto in termini di utili immediati, che non intacca però la forza del sistema economico-finanziario attuale?”
Per rispondere, sapendo che ovviamente solo il mercato ha sempre ragione, può essere utile accumulare e analizzare informazioni di tipo “storico” in primo luogo, che ci permettono di rivangare evoluzioni passate a seguito di scenari similari, e in secondo luogo soffermarci sui dati macro che come al solito rappresentano un po’ il termometro dello stato di salute dell’economia.
La storia ci dice alcune cose appunto. Intanto la durata media dei precedenti trend rialzisti ciclici storici dal dopoguerra ad oggi supera i 55 mesi, identificando pertanto il minimo nell’ottobre 2022, che ancora pesa nelle tasche degli investitori, specialmente gli amanti dei bond, potremmo trovarci solo a metà di questo bull market. Un bull market che di nuovo storicamente ha dimostrato di coinvolgere più settori e più società. La selettività vista finora, incentrata su Mega Cap e AI, non rende giustizia al resto dei partecipanti che da inizio anno stavano cominciando a rialzare la testa.
La storia ancora è benevola per i mercati nell’anno delle elezioni americane, nell’80% dei casi si è assistito infatti a chiusure positive degli indici nell’anno.
Dal lato macroeconomico ci si chiede invece se l’economia non cominci a dare segnali di cedimento. Se da un lato l’inflazione ha rallentato, restando però l’osservato speciale dei banchieri centrali, dall’altro l’Institute Supply Management Index (ISM) e il Purchase Management Index (PMI) non sono in grande spolvero, scivolando sotto il 50, valore da sempre spartiacque tra salute e malattia del sistema produttivo globale. Il livello occupazionale infine potrebbe far pendere l’ago della bilancia tra crescita e stagnazione, qualora dovesse imboccare la via del declino. E ancora, se da un lato non abbiamo certezza sull’evoluzione della crescita economica, così come non ce l’ha lo stesso Powell, nuovamente attendista e cauto nell’inaugurare l’era degli stimoli monetari, dall’altro mi chiedo perché ci si debba preoccupare di un raffreddamento economico sapendo che ci condurrebbe ad un taglio dei tassi più repentino.
In sintesi tornando alla domanda che ci ha spinto fin qua, come dobbiamo interpretare gli storni profondi di questa settimana?
A nostro avviso deve prevalere l’ottimismo. È il contesto che ci porta ad esserlo. C’è spazio per il sostegno monetario, per politiche fiscali accomodanti se dovessero frenare ulteriormente inflazione e consumi. Quello che potrebbe tenere banco e scompaginare le carte sono ancora una volta i risvolti geopolitici che minano la stabilità dei prezzi e dei commerci. Ma in assenza di shocks di tale natura lo scenario probabile è un aumento momentaneo della volatilità che possa riportare dopo un periodo di “riflessione”, nuova forza e vigore ai listini, magari in modalità più democratica e meno selettiva.