AGGIORNAMENTO MERCATI: Il rally cinese. C’è da fidarsi?



Da poco più di una settimana l'azionario cinese si è risvegliato con una forza che ha il sapore del riscatto. Prima di fare le opportune considerazioni, vediamo cosa è successo.Innanzitutto, all’inizio della scorsa settimana, si è tenuta una conferenza stampa congiunta con i capi delle autorità di regolamentazione finanziaria cinesi e sono state annunciate importanti misure di sostegno volte a rivitalizzare il mercato dei capitali e l'economia interna. 
La Banca Popolare Cinese ha annunciato una delle misure più importanti: un pool di prestiti da 800 miliardi di Rmb (114 miliardi di dollari). Il fine primo di tale iniziativa è permettere alle aziende di riacquistare le proprie azioni e consentire alle istituzioni finanziarie non bancarie (come le assicurazioni) di acquistare azioni locali.  La PBoC ha inoltre annunciato un taglio del tasso di interesse di riferimento di 50 punti base, oltre a ridurre l’importo che le banche devono detenere come riserve di liquidità, note come coefficienti di riserva obbligatoria (RRR), di 20 punti base. I tassi di interesse sui mutui esistenti saranno ridotti in media di 50 punti base, una mossa mirata ad aiutare i proprietari di case.
Lato fiscale diverse sono state le misure di stimolo economico allo scopo di rilanciare la crescita. Intanto è emersa la necessità di aumentare la spesa fiscale per stimolare il punto più debole tra i dati macro cinesi e cioè i consumi. La modalità avverrà attraverso l’utilizzo dei titoli di Stato cinesi a lunghissima scadenza (CGB) e dei titoli speciali dei governi locali (LGB).  Si prevede che le emissioni speciali di LGB raggiungeranno circa 1 trilione di yuan.
Il senso di urgenza, unito alla necessità di ricostruire la fiducia tra gli investitori ha spinto il Politburo a darsi una mossa. E per ora pare sia scattata la corsa all’oro. Volumi importanti confluiscono quotidianamente su Hong Kong e Shangai. Non c’è distinzione di settore o singolo stock, basta appartenga al Dragone, tanto è tutto sottoquotato da quasi 3 anni.
Molti sanno però che tutta la mole di misure di liquidità messe in atto potrebbe non bastare per convincere gli investitori a entrare in modo costruttivo e duraturo. 
Cosa manca ancora per trasformare un ingresso su questo mercato in modalità strategica e non soltanto tattica? 
Alcuni economisti sono scettici sul fatto che le misure saranno sufficienti per affrontare i problemi economici e strutturali più ampi che la Cina dovrà affrontare.
Il problema dell’invecchiamento, la contrazione della popolazione, un mercato immobiliare probabilmente in declino strutturale, la iperproduttività e margini ridotti per le aziende in molti settori (automotive, manufatturiero…), livelli elevatissimi di debito per i governi locali, crescenti rischi geopolitici sono tutti temi che minano crescita e utili. 
Per ora hedge fund e retail hanno prevalentemente raccolto la chiamata al rally di questi giorni. I grandi gestori dei principali fondi restano alla porta. Troppe incognite ancora da risolvere. Il Dragone sta facendo la muta e chissà quanti imprevisti salteranno fuori.
Perciò il punto interrogativo, che per un investitore è sempre lo stesso, rimane. Entro o non entro dopo un +35-40% in soli 8 giorni?
Le fiammate della Cina in questi ultimi 2 anni hanno già lasciato l’amaro in bocca in più di un’occasione. Questa volta è pur vero che il break out è stato poderoso. Potrebbe leggersi come solo l’inizio di un percorso meno volatile ma di progressivo accumulo. 
Ciò che sposterebbe l’ago della bilancia ancora una volta è la fiducia. 
La fiducia trascina e si autoalimenta a sua volta. Tutte vere le considerazioni sui problemi strutturali di Pechino, ma ancora una volta i macroeconomisti non si rivelerebbero i migliori consiglieri in materia di investimento o più che altro inadatti ad individuare il corretto timing. 
Pensiamo alla situazione economica cinese di una decina di anni fa. Chi non era convinto che il mercato immobiliare cinese stava prendendo una piega drogata. Il real estate era il principale responsabile di una crescita all’8% che però era principalmente sostenuta da debito privato con la complicità di Banche e Governo. La storia si è perpetrata per anni; imprenditoria e mercati l’hanno cavalcata senza timore. 
Nel prendere una decisione bisogna quindi fare i conti col fatto che i mercati salgono se c’è liquidità e soprattutto fiducia, non necessariamente se questa si sposa con un programma industriale convincente. 
Propendendo ancora per un proseguimento del rialzo, di quanto ancora? 
L’euforia iniziale avrà a giorni una battuta d’arresto, all’insegna della volatilità. Pensate che l’Hang Seng volatility index (VHSI) è letteralmente esploso, viaggiando di pari passo con l’indice. Fenomeno inconsueto con il mercato al rialzo specie se paragonato al comportamento del cugino americano ben più noto col nome di VIX. Il significato di questo squeeze dell’VHSI sta proprio nell’apertura di contratti di opzioni al rialzo su tale indice di livello epocale. 
Difficile credere quindi che la storia finisca in un baleno. 
Conforta, infine, ciò che dovrebbe essere valutato in prima istanza: la crescita della redditività delle società cinesi. Che quello di Pechino sia un mercato dove i margini per le aziende locali non hanno e probabilmente mai avranno nulla a che fare con quelle dei mercati occidentali, è pacifico e risaputo.
Però il mercato sta aspettando un segnale in tal senso, che poteva solo avvenire con una serie di stimoli 
Margine operativo in lieve crescita e possibilità di buy back in aumento ridanno nuova linfa ad un azionario martoriato e depresso ormai da troppo tempo, specie se parliamo di quello della seconda economia più grande del mondo.



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