AGGIORNAMENTO MERCATI: azionario nel 2025 alleggerire o incrementare?


È il dubbio amletico che attanaglia l’investitore da sempre e come spesso accade cresce leggendo i soliti articoli mediatici: Borse sui massimi storici, rischio bolle tecnologiche, valutazioni stellari negli USA ecc.
Ma come già detto e ridetto mai decidere gli investimenti da fare basandosi sugli articoli dei quotidiani.
Il perché è sempre lo stesso. In quella sede non si fanno analisi pertinenti, ma solo slogan.
Ora, il risparmiatore non essendo un “addetto ai lavori finanziari” anche nel 2025 dovrà stare alla larga da questo tranello emotivo; primo e fondamentale passo per non sbagliare. Forse non tutti sanno intanto che chi avesse investito sui massimi dell’S&P dal 1988 ad oggi avrebbe conseguito profitti mediamente più alti che investendo in qualsiasi altro momento, incredibile ma è così. Riporto un lavoro di JP Morgan in cui mi sono imbattuto leggendo un report di Age Italia, società di advisor indipendente, sempre ricca di spunti. La ragione di tutto ciò potrebbe essere spiegata dal fatto che i trend positivi di mercato segnano una strada mai breve e vanno spesso e volentieri cavalcati senza farsi preoccupare da un’inversione improvvisa. 



Ciò che quindi resta da fare e vedere se ci aspetta un anno che presenta ancora opportunità alla luce dello scenario macro e delle valutazioni relative degli indici. 
Cominciamo dal primo punto. Premesso che le economie non sono tutte uguali e viaggiano a ritmi diversissimi, la prima considerazione degna di nota è individuare il mercato più in crescita prospettica. E manco a dirlo la risposta è sempre la stessa: gli USA. 
Consumi robusti, politiche fiscali espansive, occupazione solida, primato tecnologico non fanno altro che confermare quanto di buono è già stato fatto. Oggi un portafoglio azionario ben calibrato vede senza ombra di dubbio la presenza di asset statunitensi con percentuali non inferiori al 70%. La forza dell’economia americana (e del dollaro!) lascia al palo tutti gli altri. Il divario tra performance degli indici USA rispetto a quelli europei è ai suoi massimi storici e tale divario non accenna ad attenuarsi.
È un po’ come quando guardiamo una partita di calcio dove il più forte non lascia briciole all’avversario. Sfrutta il suo vantaggio senza commettere errori. Se poi l’avversario non ha un’idea di gioco comune chiaramente è ancora tutto più semplice…
Sicuramente resterà da capire quanto di ciò promesso in campagna elettorale si tramuterà in realtà, questo è vero, però le principali sfide di cambiamento tecnologico, dove l’IA trasformerà il volto di economia e servizi, hanno già un leader, si chiama USA. 
L’Europa, invece, si dovrà reinventare a livello produttivo. Il modello di business automotive centrico ha decretato il fallimento delle politiche obsolete del Paese più rappresentativo dell’Unione Europea, ovverossia la Germania, incapace di costruire una vera alternativa in grado di rilanciare la crescita del Paese. All’Europa manca unione sicuramente, freschezza, idee, oltreché risorse energetiche proprie.
Sarà un percorso lungo e accidentato che farà fatica a risolversi positivamente senza visioni chiare e unitarie sul futuro, ma soprattutto senza personalità.
Il polo economico orientale ha tre grandi nomi Cina, Giappone e India
La prima è una vera e propria scommessa oggi come oggi. La sua forza sui mercati in termini di competitività è ciò che più spaventa il mondo. Produrre al loro livello è praticamente impossibile. Però a noi interessano gli utili delle sue aziende e francamente questa resta l’incognita più difficile da risolvere. Produrre a basso costo, superando dazi e accordi commerciali “complessi” verso quei Paesi che hanno potere d’acquisto al momento genera qualche perplessità sulla redditività delle aziende cinesi. Attraggono i prezzi a forte sconto sui listini azionari, ma la vera sfida di Pechino resta quella di rilanciare i consumi interni. Le manovre in tal senso sono il driver in grado di riportare interesse negli investitori. Non ci resta che monitorare con attenzione le prossime mosse di Xi e compagni
Il Giappone è invece ad una svolta epocale che lo porterà sicuramente ad uscire dal guscio della trappola di liquidità che lo ha schiacciato per anni. Il cammino è già avviato ed è un asset da conservare strategicamente a nostro avviso. 
L’India, che ha corso tanto, ha tante contraddizioni, ma si lancerà ancora come economia giovane e tecnologica, oltre a giocare un ruolo da partner commerciale nell’eterna lotta USA – CINA. Le sue quotazioni lasciano però un po’ più di una perplessità visto il recente furioso rally degli ultimi 2 anni.
Le valutazioni, infine, degli indici c’è da domandarsi se concedano ancora spazi di crescita.  Ovviamente l’area più inflazionata e promettente è quella che risulta meno a buon mercato.
Non possiamo di certo affermare che l’S&P sia oggi a buon mercato. Il grafico sottostante del P/E dell’indice evidenzia come i prezzi rispetto agli utili siano schizzati negli ultimi 2 anni di mercato.
Tale dato però fortunatamente non ci deve necessariamente spaventare per ora. La ragione risiede nel fatto che la redditività delle big cap americane sta lievitando, spingendo in alto l’asticella degli utili attesi e della fiducia anche degli investitori.



Qualche impennata della volatilità va senza dubbio messa in conto con prezzi così elevati. Fasi di consolidamento e/o ritracciamento sono fisiologiche. 
Si pensi a ieri sera, al termine della conferenza di Powell i mercati hanno lasciato sul terreno più di 3 punti percentuali cogliendo al volo dichiarazioni che onestamente non aggiungevano nulla a quanto già noto agli operatori.
Un Paese in crescita e spumeggiante come quello americano non ha bisogno di tagli del costo del denaro rischiando un nuovo surriscaldamento di inflazione ed economia. Tagli previsti nel 2025 non più 4 ma solo 2. E cosa potevamo aspettarci? Il Treasury decennale si presentava già col passo giusto mostrando rendimenti poco sotto il 4,4%. Oggi assistiamo ad un ulteriore rialzo, come è naturale che sia, in questo istante siamo al 4,54%. Non un abisso rispetto alla vigilia tutto sommato…
Morale: facendo i dovuti scongiuri di shock destabilizzanti in grado di cambiare lo scenario di base, il mercato oggi non è in bolla e nemmeno si presenta tirato in modo anomalo. E’ semplicemente la fotografia di un sistema economico resiliente ai tassi elevati ormai in essere da quasi due anni, specie negli Stati Uniti. 
Inoltre si respira l’aria di cambiamento tecnologico in atto che comporterà investimenti costanti e crescenti sui diversi settori coinvolti dall’impatto dell’IA (si fa fatica a individuare gli esclusi…), per non parlare della redditività delle società che a tendere non potrà che aumentare.
Questi sono i presupposti del quadro di fondo, che dimostrano peraltro di avere la meglio anche su sconvolgimenti geopolitici alla lunga. Ci sarà un giorno in cui tirare i remi in barca potrà risultare più saggio che rimanere esposti, magari quando il quadro economico non convincerà più tanto o porterà ad eccessi ingiustificati…ma non è questo il giorno!


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